Nelle esequie di don Angelo Secolini

Omelia in Cattedrale a Belluno
26-01-2018

2Sam 6,12b-15.17-19; Sal 23; Mc 3,31-35

A te don Angelo facciamo eco della Parola che, nel giorno del tuo passaggio di vita, il Signore Gesù ha riservato particolarmente a te: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui è per me fratello, sorella e madre». Siamo il presbiterio con il Vescovo Giuseppe, la comunità del Seminario gregoriano, i Canonici della Cattedrale, i confratelli di casa Kolbe, ma anche i tuoi familiari, in particolare la sorella Marcella: «Ecco mia madre e i miei fratelli!».

In questa maternità e fraternità che Gesù ci svela e ci dona vi è tutta la tua esperienza di Chiesa con il Battesimo, l’unzione dello Spirito, il ministero presbiterale, l’Eucaristia che hai ricevuto condiviso fino ad oggi con noi e per noi.

«Fratello, sorella e madre» per te sono anche lo stuolo di alunni verso cui hai svolto un sublime ministero e magistero della Parola. «Fratello, sorella e madre» per te sono aggregazioni, gruppi, assemblee a cui hai servito il pane di una parola elaborata, portatrice di Vangelo, di cultura, di teologia, di spiritualità.

L’eco di tutto questo viene da lontano, da tempi ormai compiuti. A chi in questi giorni pronunciava il tuo nome e descriveva un tuo tratto caratteristico compiva un memoriale. Sì, tu ci sei apparso in questo ultimo tempo come una memoria che non mollava, seppure giorno dopo giorno si notava l’affinarsi del tuo corpo e l’impallidire del tuo volto. Alcuni giorni fa in carrozzella tentavi di sprigionare ancora energia, volevi ergerti per pronunciare una parola autorevole, assertiva; una parola antica da te custodita con passione.

Ad un maestro così noi ora, raccolti qui in preghiera eucaristica, potremmo suggerire di portare una parola di umanità, di sapore sapienziale, di gusto culturale al Signore della vita. A don Angelo chiediamo di parlare a Dio con lo stesso magistero che ha esercitato tra noi, di raccontargli cose antiche e cose nuove dell’avventura umana; di fare memoria a Cristo Signore “delle gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono”.

Il nostro sguardo ora si lascia trasfigurare. Abbiamo pregato nel salmo: «Alzate, o porte, la vostra fronte. Alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria».

Immaginiamo che per don Angelo questa preghiera abbia le sembianze della Divina Commedia, così tanto citata da lui e dentro la quale egli si è messo in cammino.

Ci piace anche immaginarlo come Davide, raccontato nella prima lettura: «Davide andò e fece salire l’arca di Dio […] alla Città di Davide, con gioia». Don Angelo sta portando l’arca della sua vita e del suo insegnamento alla Città santa. Sì, “con gioia”, pur nell’austerità del suo volto.

E come Davide possiamo pensarlo «danzare con tutte le forze davanti al Signore». C’è stato un anticipo di questa danza nel suo corpo così longilineo, così curato e allenato.

A quanti hanno incontrato, conosciuto e sperimentato questo maestro di vita, di cultura e di spiritualità; a quanti hanno raccolto dal suo insegnamento, ecco la scena di Davide che benedice «il popolo nel nome del Signore e distribuisce […] a tutta la moltitudine […] una focaccia di pane per ognuno». Don Angelo vi ha benedetto nel nome del Signore, vi ha distribuito il pane della sapienza, della cultura, della bellezza, della letteratura, della storia, della teologia. Egli è parte della vostra vita.

Il nome che egli porta – “Angelo” – indica un annuncio di cui si è fatto portatore, evoca l’accompagnare e il custodire con cui egli – come dice il vangelo proclamato – ha fatto «la volontà di Dio».

Ti diciamo, don Angelo, il grazie della Chiesa di Belluno Feltre: non può che sussurrarti ciò che ha di più prezioso, il Vangelo, con la parola di Gesù: «Ecco, mia madre e i miei fratelli!».