Nell’ordinazione presbiterale di don Luca Sartori

Cattedrale di Belluno
21-05-2016

Proverbi 8,22-31; Salmo 8; Romani 5,1-5; Giovanni 16,12-15

 Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?

Lo stupore del salmista che si sente smarrito tra l’immensità del cielo e la piccolezza del suo essere è anche il nostro stupore, Chiesa di Belluno-Feltre, oggi: in questa celebrazione che apre la solennità liturgica della Santissima Trinità e nella quale siamo qui per questo nostro amato figlio e fratello Luca.

Inevitabile sentire l’eco delle parole di papa Francesco pronunciate incontrando noi vescovi italiani lunedì scorso.

Siamo “scalzi”: la nostra Chiesa è qui “scalza”! Perché siamo in una terra santa. In essa vi è un roveto che arde senza bruciare.

Il racconto biblico riporta queste parole che avrebbe gridato Dio a Mosè:

«Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo» (Es 3,5). 

Sì, non dobbiamo aver paura o esitazione: la terra sulla quale posiamo i piedi della nostra vita è una terra benedetta, è amata.

Siamo scalzi, perché questo nostro mondo è tanto amato da Dio, come confida Gesù a Nicodemo nella notte dell’incontro con lui (cfr. Gv 3).

Dio ci invita ad essere scalzi per amore, a venerare la vita, i luoghi della nostra esistenza, le zolle dure dei terreni del nostro vissuto; e così le nostre famiglie, le nostre comunità…

È impressionante: nel momento decisivo della sua vita – quello delle grandi scelte – Gesù si china a lavare i piedi dei discepoli. Ha chiesto scalzi quei piedi impolverati. L’evangelista commenta: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine» (Gv 13,1).

Ecco la Trinità: è fuoco che arde senza consumarci, in una terra che sempre è amata da Dio ed è santa!

 

Luca, rimani scalzo. Lasciati amare. Come in ogni pezzo di questa storia, anche nella tua terra c’è il roveto che arde…  Lo sono gli anni della tua vicenda di figlio venuto alla luce dai tuoi genitori, l’età dell’infanzia, poi di ragazzino e di adolescente, la stagione della giovinezza, da studente universitario con diversi luoghi abitati, infine l’esperienza di seminarista e di diacono, fin sulla soglia di una maturità umana che mai definitivamente si acquisisce…

Se usassimo l’espressione di papa Francesco possiamo dire che occorre restare scalzi “nell’ostinazione” a «credere e considerare santa» tutta questa terra!

Sarai presbitero per questo! Ogni uomo e donna che avvicinerai nel ministero, ogni comunità cristiana a cui sarai affidato, ma anche ogni spazio e piega di questa umanità per te saranno “terra santa” in cui arde il roveto che brucia senza consumarsi.

Tu non inizierai ad amare, ti porrai scalzo per riconoscere e godere di quell’amore che tutti ci ha già preceduti, che nel suo tanto amore ci ha già dissodati in profondità, proteggendoci da ogni forza che si contrappone all’amore.

Le parole, che il libro dei Proverbi ci ha consegnato oggi, conservano una loro misteriosità. A che cosa si riferiscono veramente e, inoltre, di chi parlano?

Esse restano aperte anche su di noi.

Luca, ora questa Chiesa di Belluno Feltre che ti ha generato alla fede e ti fa suo presbitero può riconoscerti lì in quel misterioso personaggio che sta raccontando di sé:

«Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».

Tu sarai chiamato, nel ministero presbiterale, ad essere segno della “delizia” di Dio, ogni giorno, tra i figli dell’uomo!

Ricordiamo qui le parole di responsabilità pronunciate da papa Francesco ammettendo che: «È scalzo il nostro prete». Esse metteranno alla prova il tuo desiderio e la tua volontà di amare. Eccole:

«Egli è uno che si è avvicinato al fuoco e ha lasciato che le fiamme bruciassero le sue ambizioni di carriera e potere. Ha fatto un rogo anche delle tentazioni di interpretarsi come un “devoto”, che si rifugia in un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco. […] Dell’altro accetta, invece, di farsi carico, sentendosi partecipe e responsabile del suo destino. Con l’olio della speranza e della consolazione, si fa prossimo di ognuno, attento a condividerne l’abbandono e la sofferenza».

Così potrai porre “le tue delizie tra i figli dell’uomo”!

 

Oggi questa tua Chiesa pronuncia su di te le parole che abbiamo ascoltato da Paolo nella seconda lettura, come un evangelico augurio, impegnandosi con te perché tu non sia solo:

«L’amore di Dio è stato riversato [nel tuo cuore] per mezzo dello Spirito Santo che [ti] è stato dato».

Oggi questa celebrazione noi tutti la viviamo nella festa. C’è tanta promessa in quello che stiamo facendo e dicendo.

Il nostro far festa, però, non è un illusorio trionfo e non può avere neppure i contorni della gloria tributata a qualche eroe. Nulla di tutto questo.

A riguardo le parole di Gesù sono sincere e limpide: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso».

 

Grazie, Signore Gesù di questa tua verità. A volte succede che è tanto lontana dalla nostra verità che, invece, pretende di avere in mano il mondo… Noi in realtà non siamo «capaci di portarne il peso». È proprio questo che ci rende più liberi, più capaci di stare in cammino con gli altri, meno padroni assoluti della nostra azione, meno sicuri delle nostre forze…

A me vescovo, a noi preti, a ciascuna delle nostre comunità cristiane questa verità di Gesù fa bene. Essa ci rende più realisti, più capaci di cercarci a vicenda, più “misericordiosi”, più espressione della “delizia di Dio tra i figli dell’uomo”.

Questa stessa parola di Gesù, carissimo Luca, può fare di te un presbitero “umano”, “scalzo” – come ci siamo detti – bisognoso di vivere in una fraternità, senza la quale neppure il Vangelo può essere comunicato e vissuto.

In particolare noi preti con me oggi siamo qui a rappresentare tutto il presbiterio: vorremo rassicurarti che anche per tutti noi valgono queste stesse parole di Gesù. Solo così lo Spirito di Gesù potrà guidarci a tutta la verità del suo Vangelo.

 

La terra santa su cui hai camminato è anche la tua famiglia di origine – tua mamma e tuo papà in particolare. A loro il grazie della nostra Chiesa di Belluno-Feltre.

Questa Chiesa vi benedice, famiglia di don Luca, per la vostra partecipazione al dono che il Signore sta facendo a noi tutti.

Ma il grazie va anche alla tua famiglia di fede, le comunità cristiane del Longaronese con i loro preti.

E nella famigli di fede si colloca anche la comunità del seminario con i suoi educatori a cui la una parola di gratitudine e di incoraggiamento, assieme agli amici con cui in questi anni hai condiviso una fraternità di formazione al ministero.

Ed ora ci raccogliamo tutti, nella verità di ciò che siamo, perché lo Spirito – come annunciato nel Vangelo proclamato – prenda «da quel che è» del Signore Gesù e ce lo annunci e comunichi.