Omelia nella Pentecoste

Cattedrale di Belluno
09-06-2019

At 2,1-11; Sl 103(104) ; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23b-26

Per 50 giorni dal quel primo giorno della settimana, scosso dal sepolcro vuoto dove il corpo di Gesù era stato posto di fretta e di nascosto a motivo della preparazione della Pasqua degli Ebrei, la Liturgia della Chiesa ci ha trattenuti sull’annuncio che Gesù è vivo e sull’esperienza nuova di lui che i discepoli sono chiamati a fare rivisitando le sue parole e accogliendo il soffio vitale che esse veicolano e attorno ai segni con cui Gesù si era già impegnato ad essere sempre con noi: primo tra tutti lo spezzare il pane nella fraternità dei discepoli e poi nell’impegno dell’amore; aveva detto, infatti: «Da questo sapranno che siete miei discepoli».

Questo tirocinio pasquale è richiamato dalla prima pagina degli Atti: attendete… sarete battezzati nello spirito Santo…

Cosa ci è successo in questo esercizio pasquale? Se si dovesse guardare oggi il volto dei discepoli di Gesù – di noi – che cosa vedrebbero coloro che abbiamo incontrato?