Pane vivo disceso dal cielo

Omelia per il Ss.mo Corpo e Sangue di Cristo – Cattedrale di Belluno
18-06-2017

Dt 8,2-3.14b-16a; Sl 147; 1Cor 10-16-17; Gv 6,51-58

1. «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Siamo qui nello stupore verso Gesù che si è presentato come «pane vivo disceso dal cielo».

Rispettiamo questa familiare e bella immagine con cui Gesù si presenta. Dobbiamo ancora umiltà e gratitudine per la delicatezza con cui Gesù cerca una relazione reale con noi, vicinissima al nostro vivere. Lui è “disceso dal cielo”. Lo stesso evangelista che riporta queste parole di Gesù all’inizio del suo Vangelo aveva dichiarato solennemente: si è fatto carne per porre la sua abitazione tra noi.

Cerchiamo di non rovinare la confidenza di Gesù che pronuncia una parola intrigante per noi: carne. Ed è l’annuncio più sconvolgente di noi cristiani. Egli come figlio di Dio si è incarnato. Accettare questa umiltà di Dio è sempre stato difficile per noi. Tante volte abbiamo preferito sfuggirvi. La carne dice anche pesantezza. La carne – come dicono i Padri nel primo tentativo di esprimere questo mistero – è “cardine” della salvezza. Questa sera usciremo per alcune vie della Città. Guardiamoci attorno: tutto quello che c’è è carne in cui il Figlio di Dio ha voluto raggiungerci e abitare con noi. Il sacramento del Corpo del Signore che porteremo con noi ci induce a guardare con uno sguardo di fede tutta la carne di Cristo che è, come ci ha detto stasera, «per la vita del mondo». Più volte gli ha fatto eco papa Francesco avvertendoci che la carne tenera di Cristo è lì nei fratelli e sorelle che vivono in qualche povertà.

2. «Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, un solo corpo».

Ecco lo scherzo che ci gioca Paolo nella prima lettera ai Corinzi. Parla del “corpo di Cristo” con cui essere in “comunione” e poi spiega: «noi siamo, un solo corpo». Non si tratta, dunque, solo di riti, tantomeno di devozioni o cerimonie. Il sacramento dell’Eucaristia ha una finalità: fare di noi “un solo corpo”, come recitiamo in ogni celebrazione eucaristica. Il papa emerito, Benedetto XVI, scrisse un testo mirabile a riguardo: lo scopo dell’Eucaristia non è tanto rituale o di adorazione, ma la sua finalità è la fraternità nella Chiesa, la sua comunione: essere un corpo solo per la vita del mondo. Chiediamoci, camminando per le strade di questa Città, che cosa è per noi l’Eucaristia e che testimonianza offriamo nei luoghi dove abitano le nostre comunità. Mostriamo di essere “un corpo solo” perché, come dice Paolo, «tutti partecipiamo all’unico pane»?

3. «Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore…».

Il breve percorso che faremo stasera è un “memoriale” per ricordare tutti gli anni del nostro camminare al seguito di Cristo. La parola ascoltata dal Deuteronomio dice che il Signore intende «sapere quello che abbiamo nel cuore». Potremmo dirci stasera che il Signore guarda al cuore delle nostre comunità, della nostra Chiesa in questo territorio. Dove sta il nostro cuore? Al popolo di Dio Mosè ricorda che il Signore lo ha fatto uscire da una condizione servile, lo ha dissetato e nutrito nel deserto. Lo ha custodito. È una bella consegna questa di stasera: nelle nostre comunità siamo invitati a uscire da ogni condizione servile. E siamo chiamati alla libertà che Gesù «il pane vivo, disceso dal cielo»«come carne per la vita del mondo».