“Paradìs”, voce di attesa

Omelia nelle esequie di don Ausilio Da Rif - Cattedrale di Belluno
27-01-2022

2Sam 7,18-19.24-29; Sal 131; Mc 4,21-25

Al mattino di lunedì scorso l’esile fiamma della vita terrena di don Ausilio si spegneva. A 92 anni tutto era predisposto per quel passaggio che è avvenuto in tenerezza e serenità. Possiamo immaginare ancora presenti gli echi delle parole di Gesù proclamate nel giorno della Risurrezione, la domenica precedente: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19). Il Signore Gesù, mentre gli occhi chiari e brillanti di don Ausilio erano fissi su di lui, gli ha confidato queste parole: «[Don Ausilio] oggi si è compiuta questa Scrittura che tu hai ascoltato». Ultimamente la parola più sospirata che don Ausilio pronunciava, muovendo vivacemente le affusolate braccia, era: “paradìs”. Questo soffio vitale, che diventava voce di attesa, sanava tutte le altre parole e motivava il suo sentirsi ormai in “terra straniera”. Anche il cibo, l’acqua, le medicine erano per lui un peso ingombrante. Attendeva il cenno supremo per levare la tenda piantata su questa terra.

Tra le cure amorevoli di Casa Kolbe, nelle ultime settimane, don Ausilio sembrava diventato come un bambino, trattenendo però tutta la sua connaturata tenacia. Sì, tenero e tenace; gentile e indomito.

La parola di Dio appena ascoltata ci accompagna e ci illumina nell’accostare la ricca vicenda di questo fratello e padre. Le parole sussurrate da re Davide davanti al Signore le riconosciamo nel cuore e sulle labbra di don Ausilio: «Chi sono io, Signore Dio, e che cos’è la mia casa, perché tu mi abbia condotto fin qui? E questo è parso ancora poca cosa ai tuoi occhi, Signore Dio: tu hai parlato anche della casa del tuo servo per un lontano avvenire: e questa è legge per l’uomo, Signore Dio!». Similmente a quanto raccontato di re Davide che si dichiara «servo del Signore per un lontano avvenire» e della sua casa, anche la casa di questa nostra comunità diocesana, ben rappresentata da questa amata Cattedrale, è stata conosciuta, custodita, accudita, protetta, difesa dalla minuziosa cura e dalla vigile presenza di don Ausilio. Attorno a noi vi sono mille oggetti addomesticati da lui. Ed egli era conoscitore unico e insuperato di tutto un mondo di cose, di esperienze, di persone, dei vescovi stessi con cui ha direttamente e puntualmente collaborato. Gli si addice il detto di Gesù ascoltato nel Vangelo di oggi: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro?». Nel lungo tempo della sua vita e del suo ministero don Ausilio ha saputo collocare al posto possibile e più adeguato i vissuti personali, comunitari, civili, religiosi e di fede di questa nostra storia. Assumendo l’immagine della parabola, possiamo dire che egli ha posto la lampada sul candelabro.

La parola di Gesù attesta quanto inesauribile è la riserva di luce che da lui, il Cristo, promana e che, giorno dopo giorno, egli ci sollecita a rendere manifesta. C’è un particolare raggio di luce che don Ausilio – ininterrottamente per 47 anni – ha garantito nella discrezionalità che la situazione esigeva: sembra quel qualcosa di segreto che deve essere manifestato, di cui parla Gesù. Ha accompagnato il cammino spirituale di generazioni e generazioni di Vigili del fuoco. Tutto questo ci giunge come un potenziale di speranza, nel tempo difficile e complesso in cui siamo immersi. Di questo affaticamento è segno, nel panorama odierno delle responsabilità civili, la ricerca contorta di una persona che possa opportunamente rappresentare e servire la nazione italiana. Ma anche le nostre fragilità di Chiesa sono ad attendere un “di più” di grazia e di fede di cui parla Gesù nel Vangelo.

Egli introduce i discepoli di ieri e di oggi nel mistero del Regno di Dio, nel mistero nascosto della sua semina e della sua crescita nella terra dell’umanità. Noi confidiamo che la promessa del Signore non verrà meno: «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più».

Grazie, don Ausilio, del tuo “di più”. È un debito di fede, di laboriosità e di speranza che ci accreditiamo nel tuo ricordo.

Inoltre concedici un’emozione particolare e commossa mentre ti immaginiamo ad incontrare il venerabile Giovanni Paolo I. Gli farai, lassù, da “primo segretario” nella sua beatificazione!