Siamo come i Magi

Omelia solennità dell’Epifania – Cattedrale di Belluno
06-01-2017

Is 60,1-6; Sal 71(72); Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12

Abbiamo celebrato il Natale in una sorta di rievocazione storica degli eventi. In questi giorni gli evangelisti Luca e Matteo ci hanno fornito informazioni preziose sui personaggi, sui luoghi, sui tempi, sul contesto della nascita di Gesù.

Oggi – Epifania del Signore – c’è una sorta di esplosione di luce. Come avverte la lettera agli Efesini il mistero non manifestato precedentemente «ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito».

Ne diventano emblema quegli alcuni Magi – personaggi misteriosi che per l’evangelista Matteo non hanno nome – «venuti da oriente a Gerusalemme». Sono interessati di una stella spuntata. In loro c’è un bisogno di ricerca e di conoscenza ulteriore, desiderano penetrare nel significato di questo segno tanto da mettersi in cammino e interpellare persone e luoghi.

Paolo nella lettera agli Efesini non usa giri di parole, non gli interessano gli eventi nella loro storicità, scalza ogni mediazione e giunge subito a svelare il mistero: «Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo».

A Paolo il bambino di Betlemme, Maria sua madre, la stella, Betlemme, i Magi, Erode non interessano. Egli afferma: ora in Cristo Gesù tutto è totalmente e radicalmente cambiato. In un altro passo delle sue lettere dirà: «In Cristo Gesù le cose di prima sono passate: ecco ne sono nate di nuove!».

Ed ecco qui noi: un po’ sbalorditi di questa folgorazione di Paolo, della sua urgenza, della sua radicalità…

Forse la descrizione più realistica di quello che siamo noi è data dalla preghiera di colletta formulata all’inizio. Ci siamo rivolti a Dio Padre. Gli abbiamo detto che siamo coloro che l’hanno già conosciuto per la fede, ma che ancora siamo bisognosi di essere condotti benignamente a contemplare la grandezza della sua gloria.

Eccoci qui: qualche passo nella fede l’abbiamo compiuto, ci siamo fidati di Dio, in un qualche modo ci siamo messi al seguito di Gesù, abbiamo dato credito al suo Vangelo… Ma anche nello stesso tempo siamo come i Magi: non tutto ci è chiaro. Siamo abitati da una certa inquietudine. Non è abbastanza il nostro conoscere. Non siamo nemmeno davvero soddisfatti del percorso di vita, di lavoro, di famiglia finora fatto. Ogni celebrazione del Natale porta con sé anche tante fatiche, tanti intrighi come quelli provocati dagli inganni di Erode. E poi i sogni si spengono subito dopo il loro apparire. A volte non sappiamo che strada intraprendere. Come dice il profeta Isaia «La terra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli».

E, dunque, chiediamo una stella, un segno, un richiamo per riprendere… Eccoci qui bisognosi ancora di essere condotti benignamente a contemplare la grandezza della sua gloria!

Che dirci a questo punto? Dove intende condurci benignamente Dio nostro Padre e quale stella farà rispuntare lungo il nostro camminare?

Potrei azzardarmi a tentare una risposta: siamo condotti ad abitare di più il Vangelo, ad entrarci in questa “promessa di Dio”, a condividerlo come una «medesima eredità» e formando «lo stesso corpo». Che sarebbe di noi cristiani senza questa consuetudine con il Vangelo? Il Vangelo rappresenta la nostra chiamata, la nostra specificità; costituisce anche il rapporto tra di noi, con il mondo, con la storia; è il nostro essere Chiesa. Non abbiamo ancora abbastanza camminato per abitare il Vangelo, per farlo la nostra dimora, il nostro futuro, le “cose nuove” a cui dedicarci.

Ci auguriamo – usando le parole di Isaia – che “palpiti e si dilati il nostro cuore” di fronte alla chiamata «ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo».