Sul vertice di una piramide di pietra, Belzebù, il principe dei demoni, si era stabilito e vi stava da signore. Di lassù scrutava un po’ dappertutto, pronto a piombare in basso per ghermire qualche anima pronta a offrirsi a lui. Per passare il tempo, si divertiva a scagliar macigni nella valle per spaventare i montanari e il loro bestiame che, poveretti, non sapevano più dove stare per essere sicuri. Da ogni parte era un continuo rovinio di pietrame e di enormi macigni. E a questo guaio se ne aggiungeva un altro, anche quello molto pericoloso. Là dov’era il diavolo si radunavano creature fastidiose e dannose. Difatti quella valle e le montagne circostanti brulicavano di serpenti d’ogni tipo, ramarri, rospi e scorpioni. Il bestiame era in continuo pericolo, in quanto le orribili creature saltavano fuori da ogni buca e da ogni crepa.
In tanto pericolo, i paesani si raccolsero attorno nella cappellina del borgo ed elevarono al Cielo ardenti preghiere, per essere liberati da tali flagelli. Il buon Dio, clemente e pietoso verso i semplici, ascoltò quel richiamo accorato e decise di intervenire. In una regione dall’altra parte dei monti, viveva allora un santo vescovo, Teòdulo.
Una notte il Santo, mentre era in preghiera, udì una voce: «Figlio mio, alzati e mettiti subito in cammino. Là nella valle al di là dei monti i pastori montanari, che pur mi onorano e vivono una vita semplice e timorata, son travagliati da Belzebù. Tu devi sventare le insidie del diavolo, perciò vai in quel luogo e agisci in nome di Dio!».
Teòdulo, senza perdere un istante, partì con una lunga asse in legno. Di giorno affrontava il ghiacciaio, superando i crepacci con l’aiuto dell’asse come si usava allora. Quando giunse in vista della valle indicatagli da Dio, scorse il diavolo sul vertice di una grande piramide di pietra. Belzebù gli indirizzò uno sberleffo, ma il vescovo non tremò e, dopo un paio d’ore, fu al paesello. Qui gli abitanti, che lo conoscevano di fama, gli si fecero attorno. Tra di essi, travestito da valligiano che diceva di provenire da un paese vicino, c’era pure il diavolo, che voleva prendersi gioco di lui.
Il Santo, com’ebbe udito che i luoghi erano infestati da animali pericolosi, salì su di un masso, e, levate in alto le braccia, urlò: «Nel nome del Dio Buono e Onnipotente, aspidi, serpi, scorpioni, rospi, fatevi attorno a me ed ascoltatemi!».
Non ebbe terminato di parlare che l’erba attorno cominciò a brulicare d’esseri striscianti, finché il prato non fu coperto delle più strane e orribili creature, le quali stettero immobili in atteggiamento d’attesa. Il santo vescovo predicò: «Creature sorelle, il Signore è fortemente sdegnato con voi, perché, pur essendo esseri suoi, creati da Lui, voi consentite al Maligno di servirsi di voi per le sue dannate imprese. Voi siete qui per volontà di Belzebù, ma di qui ve ne andrete per volontà di Dio!».
Non ebbe terminato di parlare, che le striscianti creature, silenziose e ubbidienti, si dileguarono verso il fondo valle.
Pieni di meraviglia e di stupore, i paesani caddero in ginocchio, benedicendo il nome di Dio e onorando Teòdulo. Anche il diavolo travestito da montanaro dovette inginocchiarsi per non farsi scoprire, ma dentro di sé si rodeva di gran rabbia.
Il santo vescovo lo aveva ben riconosciuto, ma, volendo batterlo in astuzia, fece finta di nulla. Allora Belzebù si fece avanti e, con fare da gradasso, affermò che Teòdulo aveva sì compiuto una grande impresa, ma che lui si sentiva di fare di più e di meglio.
Il vescovo Teòdulo, che non aspettava altro, lo sfidò di fronte a tutti: «Se sei così potente, vedi se ti riesce di portare su, fino al valico, questo calderone di latte, senza versarne una goccia!». E gli indicò un enorme recipiente traboccante.
Il diavolo scoppiò in una gran risata: «Se non vuoi altro! Però, in cambio, mi da-
rai ciò che di più prezioso possiedi!», volendo alludere all’anima.
«Puoi contarci!», rispose il Santo.
Teòdulo e Belzebù si avviarono in direzione del valico, il diavolo davanti col calderone in spalla e il vescovo dietro, appoggiandosi al suo pastorale. I montanari seguivano trepidanti i due, avendo capito che la posta in gioco era grossa. Il demonio andava di buona lena e già stava per toccare la meta, quando un sasso gli tentennò sotto. Il vescovo Teòdulo, svelto, lo uncinò a un piede col pastorale, sicché il superbo diavolo fece un solenne ruzzolone, rimanendo sommerso da un diluvio di latte. Tra le risa dei pastori, Belzebù se la squagliò quatto quatto, né da allora si fece più vedere…
La parabola – raccolta in Val d’Aosta – insiste sulla vittoria del Bene sul Male, riferendosi al vescovo Teòdulo, più volte sceso in val d’Aosta da Zermatt (Svizzera), attraversando il ghiacciaio e il colle che ora portano il suo nome.
Illustrazione di M. Poggi.