In un paese orientale, in una regione montuosa, una splendida ragazza cantava come un usignolo e danzava con la grazia di un uccello del paradiso. Un giorno il suo promesso sposo partì in cerca di fortuna. Lei attese per più di un anno, poi venne a sapere che il giovane aveva sposato una ricca signora. Quel giorno giurò che non avrebbe amato più nessuno e iniziò ad appassire, come un fiore reciso, perché aveva smesso di credere nell’amore.
Un giorno, passò davanti al suo giardino un giovane povero e intelligente; le sorrise in modo tenero come una carezza. Lei ne fu toccata, ma si sforzò di non badargli. Da quel giorno, ogni domenica verso il tramonto, nell’ora in cui la ragazza irrigava il giardino, il giovane passava di là, si fermava alcuni istanti, le porgeva la più bella orchidea selvatica che era riuscito a raccogliere e, con il linguaggio trasparente del sorriso, manifestava i sentimenti del cuore. La ragazza non voleva farsi illusioni e pensava: «Lo farà soltanto per la mia bellezza, per i miei lunghi capelli neri, per la mia voce, per i miei occhi color giada, per i miei passi di danza, per le ricchezze di mio padre…». Ma il giovane, che era semplicemente innamorato di lei, continuò a portarle ogni domenica l’orchidea raccolta nel bosco, senza chiederle nulla.
Passarono gli anni. A poco a poco la bellezza di lei cominciò a svanire: i begli occhi si circondarono di rughe, i lunghi capelli divennero grigi, la voce si fece più roca, il passo più pesante. Ma lui, ormai invecchiato, continuava a portarle l’orchidea più bella del bosco, fedelmente.
Finché una domenica la donna si convinse che lui le voleva davvero bene, tanto bene, proprio a lei e solo a lei. In quell’istante tornò a credere all’amore e si mise ad aspettare con impazienza il sorriso e l’orchidea dell’innamorato. Quella domenica canticchiò felice, si vestì a festa, si abbellì di gioielli. Ma proprio quella sera, per la prima volta dopo tanti anni, l’innamorato non arrivò.
A tarda sera si presentò un signore: «Un mio amico ha avuto un incidente tornando dal bosco. È arrivato da me tutto dolorante, pregandomi di venire da lei per offrirle questo fiore». Mai il profumo di un’orchidea era stato così intenso e sincero. E mai un’orchidea fu accolta con tante lacrime d’amore…
La parabola – raccolta in Giappone – insegna: «L’amore, quello autentico, esiste quando si ama per primi, al di là delle apparenze, oltre le parole, fino al perdono. Esiste quando ci si sacrifica donandosi senza interesse. Esiste nella misura in cui dura nel tempo…».
Una leggenda, che si racconta ai bambini da noi, narra di un’orchidea selvatica, nata e cresciuta tra le distese di muschio di un acquitrino in montagna. Essa conduceva una vita tranquilla, circondata dall’affetto delle creature circostanti e delle libellule di passaggio. Un giorno, essa fiorì senza clamore, ma tutti nell’acquitrino la guardarono con ammirazione. «Come sei bella! E che fiore variopinto! Sembri una regina»… L’orchidea era felice di sentire l’affetto e l’ammirazione dei suoi amici.
Un giorno, arrivò all’acquitrino un botanico, giunto fin lì alla ricerca di nuove specie floreali da condurre nella sua serra e da esporre al circolo degli scienziati.
L’uomo si accorse subito dell’orchidea selvatica ed esclamò: «Che rarità! Unica nel suo genere. Perfino il re verrà nel mio giardino ad ammirarla e mi ricompenserà». Le creature dell’acquitrino, quando l’uomo si allontanò in cerca di un contenitore adatto a trasportare l’orchidea, le dissero: «Come sei fortunata! Presto entrerai nella serra di un botanico; perfino il re verrà a farti visita!».
Ma l’orchidea precisò: «Pensate sia una fortuna trascorrere i propri giorni sotto una serra di vetro? La mia fortuna è vivere qui, circondata da voi che mi volete bene. Voi siete la mia famiglia, e non c’è re al mondo che possieda una fortuna simile».
Le creature dell’acquitrino si zittirono e poi misero a punto un piano.
Quando il botanico tornò col suo contenitore di vetro, l’orchidea era circondata da api, libellule, tafani, coleotteri e da migliaia di altri insetti che vivevano nei dintorni.
Tutte quelle creature si gettarono sullo straniero e a suon di morsi e punture lo fecero fuggire a gambe levate.
Il botanico non tornò più e l’orchidea poté continuare la sua bella vita insieme ai suoi amici. L’amore e l’amicizia l’avrebbero resa sempre più bella.
Una recente notizia di cronaca dal Giappone annuncia: «Il professor Suetsugu Kenji e i suoi collaboratori hanno recentemente scoperto una nuova e straordinaria specie di orchidea i cui petali rosa rosato hanno una sorprendente somiglianza con la lavorazione del vetro».