Narra la tradizione che Martino, il santo vescovo di Tours, nel recarsi a Roma passasse per la Valle d’Aosta e si fermasse una sera in un borgo situato in riva al torrente Lys, là dove esso confluisce con la Dora. Quel giorno Martino sarebbe capitato sulle rive di quel torrente, che normalmente si valicava con una passerella di legno. Ma proprio in quei giorni un forte disgelo aveva convogliato a valle copiose acque agitate e la povera passerella era andata in pezzi.
Martino – continua la leggenda – non sapendo come cavarsi d’impaccio se ne stava seduto su di uno scaglione, contemplando melanconicamente la furibonda corrente del Lys e augurandosi un bel paio di robuste ali come quelle di San Michele Arcangelo. Mentre rimuginava questo pensiero, ecco che, senza sapere come, si trovò accanto un essere mingherlino e sinistro che gli fece cenno di saluto e poi disse: «Scommetto che dovete proseguire il cammino e che l’attesa vi brucia!». «L’avete proprio azzeccata!», rispose Martino cortese. «Allora rassegnatevi a starvene qui almeno una settimana! Il Lys non ci metterà di meno. A meno che…». «A meno che?», ribatté il vescovo vivamente interessato. «A meno che voi non decidiate di comprare un bel ponte nuovo di trinca!», concluse lo sconosciuto con un lieve sogghigno. «Ma, si capisce, ciò che è nuovo, costa assai!».
A quel punto il vescovo, ch’era assai accorto, sentì un certo odorino di zolfo solleticargli le narici, per cui si fece attento e cauto. «Se ci arrivo con quel che possiedo – rispose – chissà che non si concluda. L’affare mi tenta!». «Semplice! Il ponte l’avrete nuovo e rifinito per domattina. Solo che, a saldo, io pretendo l’anima del primo che lo traverserà. Ci state?». «Sicché voi sareste il Maligno?», chiese Martino. «Per servirvi!», rispose il diavolo con un leggero inchino. «Ma se l’affare non vi interessa, lasciamo perdere». «Mi torna a pennello! Accetto la proposta e pagherò la contropartita!». Il Maligno concluse: «Allora, sapendo che i patti legano i savi e i matti, a domattina, monsignor vescovo!». «A domattina, messer Belzebù!».
Poi, l’uno da una parte l’altro dall’altra, si ritirarono salutandosi con garbati convenevoli.
All’alba del giorno dopo, un gruppetto di borghigiani si radunò presso la chiesa, in quanto la notizia del singolare avvenimento s’era sparsa in un lampo. I paesani formarono una piccola processione. Per primo incedeva il vescovo Martino, avvolto in un enorme tabarro che lo ingrossava in modo ridicolo; veniva poi il pievano e, dietro, la schiera dei parrocchiani. Giunti sul Lys, un grido di meraviglia eruppe da ogni astante. Là dove il giorno prima ancora non c’erano che i quattro pali superstiti della vecchia passerella, ora si slanciava l’arco armonioso d’un superbo ponte fatto di masselli di pietra squadrata e lisciata. Un portento, una meraviglia, uno splendore! Però il pensiero che tutto ciò fosse sorto in una sola notte, dava a tutti un brivido a significare un terribile sospetto: che il diavolo fosse potente tutti già lo sapevano, ma non fino a quel punto!
Di là dal ponte stava seduto Belzebù in persona, evidentemente in attesa che qualcuno gli saldasse il conto. Il momento era solenne. Mentre la folla sostava standosene ben indietro, il vescovo Martino, tutto avvolto nel gran tabarro, avanzò calmo e solenne. Il diavolo, osservandolo, già si fregava le mani dalla contentezza.
Quando il santo fu a un palmo dalla prima lastra del ponte, si fermò e lo si vide gettare qualcosa, come un pezzo di cibo, sull’altra sponda. Subito dopo aprì il tabarro e ne balzò fuori un cagnaccio nero, il quale, per agguantare ciò che Martino aveva lanciato, attraversò il ponte come un razzo. Su quella creatura si buttò il diavolo con un urlo inumano, ma quando s’accorse d’aver catturato soltanto un cane lanciò una blasfemia da scurire il cielo; poi, con una gran piroetta, balzò in aria per ricadere in una fiammeggiante buca che s’era spalancata per accoglierlo. Il vescovo, seguito da tutto il popolo, attraversò il ponte in piena sicurezza.
Fu così che il vescovo Martino, ch’era un santo d’ingegno assai sottile, gabbò il demonio e poté proseguire il suo cammino verso Roma…
La parabola, raccolta in Valle d’Aosta, fa parte del ricco repertorio della valle del Lys e rivive ogni anno nel carnevale storico. Detta valle è caratterizzata dalla presenza di una forte tradizione Walser, il popolo di origini germaniche che la abita.