Ai piedi delle montagne viveva una ragazza, bella come l’alba. La giovane era rimasta orfana in tenera età e viveva da sola con alcune pecorelle in una valle solitaria. Bella e buona, viveva come una creatura semi selvatica, arrampicandosi in cima alle crode, cacciando il capriolo e il camoscio tra le balze rocciose e godendo della più ampia libertà nel suo amato regno.
Un giorno, lì arrivò il figlio del sovrano di quel Regno. Il giovane, forte e ardito, inseguendo un camoscio ferito si era smarrito tra le rocce. Il sole stava tramontando, la notte si avvicinava e il Principe non sapeva che fare. Per farsi trovare, suonò a lungo il corno di caccia, ma solo l’eco rispose al suo richiamo. Improvvisamente udì dei belati, seguiti dalla voce di una giovane donna. Si diresse verso quel segno di vita e di colpo si fermò, rapito dinanzi a uno spettacolo incantevole. Presso una fonte che sgorgava dalla roccia, vi era una ragazza vestita di pelli, la più bella di quelle mai viste. I due giovani subito si piacquero. Seduti accanto alla sorgente, mentre la sera silenziava ogni cosa, sotto una limpida serenata di stelle si promisero di non separarsi mai più.
L’indomani, il Principe tornò nel palazzo reale conducendo con sé la giovane montanara. Quando egli espresse la volontà di farla sua sposa, i cortigiani inorridirono per le umili origini della futura Principessa. Ma il vecchio Sovrano, che amava molto il figlio, acconsentì a celebrare le nozze, tra le invidie delle giovani dame di Corte che non si capacitavano di essere state respinte a vantaggio di una creatura selvatica.
Un giorno in cui il giovane sposo era lontano per una spedizione di guerra, le dame di Corte cominciarono a infierire contro la Principessa, descrivendo il lusso e gli agi dei palazzi dov’erano cresciute per farla sentire inferiore e intrusa. «Vuol raccontarci, di grazia, dove e come fu allevata?». La Principessa, solitamente gentile, a quelle parole corse verso la balconata e urlò, indicando la montagna: «Ecco, lassù venni al mondo e crebbi! Nacqui in terra libera e sempre fui libera. La croda mi fece da palazzo, il più grande e il più bello di tutti i castelli. Ebbi come compagne di Corte le creature della foresta, più caste, più pure, più sincere di qualsiasi cortigiana. Quello è il regno dove fui regina e dove tornerò».
La Croda, nella poesia del tramonto, ardeva di una stupenda luce color porpora e pareva un castello di sovrumane proporzioni, scolpito nel rubino. La Principessa si emozionò. Era per lei che la Croda si era fatta così bella, ammantandosi di broccati di luce, cingendosi di aristocratiche sembianze, per esaltare la sua figliola, in un miracolo di affetto! Non potendo più resistere al richiamo che sentiva dentro, approfittando dello smarrimento di tutti – rapiti dalla montagna color porpora – la Principessa fuggì e, risalendo la valle, ritrovò la sua baita e fu di nuovo libera e felice.
Il Principe tornò dalla guerra e venne a sapere che la Principessa era scomparsa. Pensò subito dove fosse e partì verso la Croda. Lassù ritrovò la sua sposa, che lo accolse con gioia, ma senza voler tornare alla reggia dove regnavano cattiveria e ipocrisia. Di fronte alla scelta di rinunciare all’amata moglie o al trono, il Principe scelse la sua sposa insieme alla sconfinata pace della Croda e restò nella baita accanto alla sua amata. Ai piedi di quella montagna, i due sposi vissero liberi e felici ed ebbero tanti figli sani, arditi e belli, proprio come loro.
Da quella sera, la Croda ripete il suo miracolo d’amore diventando, al tramonto, la più bella e la più fiammeggiante vetta dei Monti Pallidi. E fu chiamata la “Croda Rossa”.
La parabola – raccolta in Trentino Alto Adige – è tratta da un racconto di Renzo Baccino del 1950. Un’altra leggenda (tratta dai racconti del Regno dei Fanes) narra di una donna che morì mentre passeggiava tra i monti con la sua bambina. La piccola venne trovata da una vecchia Anguana che se ne prese cura e la chiamò Moltina. La bambina crebbe in quel regno, imparando il linguaggio delle marmotte. Qualche anno più tardi, il Principe della casa reale si inoltrò a caccia in quei boschi; incontrò Moltina e se ne innamorò, ma lei scappò spaventata. Il Principe la cercò in ogni dove e, quando la trovò, la portò al castello e la sposò… Un giorno, durante una festa organizzata dalla Regina dei Bedoyeres, fu chiesto a ogni invitato di raccontare la storia dei propri antenati. Moltina, non sapendo che dire, col volto rosso per la vergogna scappò tra i monti. E così la Croda Rossa prese il colore del volto della Principessa. Il Principe, intimamente innamorato della sua sposa, la seguì sulla montagna dove i due presero dimora diventando più tardi i sovrani di Fanes. E la marmotta divenne il simbolo della loro casata…