Un gruppo di 25 ragazzi e ragazze dai 18 ai 25 anni provenienti da sette diverse nazioni europee, Italia, Polonia, Ungheria, Germania, Francia, Spagna, Inghilterra, con due accompagnatori del Comitato Gemellaggi di Feltre, si è immerso in una visita guidata al Museo dei Sogni, della Memoria, della Coscienza e dei Presepi in Cooperativa Sociale Arcobaleno ‘86 Onlus. Tre ore e mezzo di confronto accompagnati da Aldo Bertelle.
Tradire emozioni per tradurle
Compito non semplice quello del traduttore di visite guidate in questo museo. Eppure bastano poche giuste parole; soprattutto basta e serve il corpo vissuto, vivente, che sente la storia, la poesia, la verità, il sudore di questi passi. Il presente gruppo ha beneficiato dei contributi di ben 7 persone interpreti italiano-inglese: Giulio Bellocchio, docente di Filosofia di Brescia, Leonis Sharka socio della Cooperativa, arrivato tre anni fa in Comunità come Msna dall’Albania, J. A., Msna dalla Nigeria, da circa un anno in Comunità, Ivan Perotto, già presidente del Comitato Gemellaggi Feltre, Michela Zuglian vicepresidente del Comitato, Anna Cadorin e Beatrice Vispi del gruppo giovani del Comitato gemellaggi di Feltre.
Diversità e ricchezza delle lingue, che si ascoltano, si traducono, si approssimano e si capiscono. Ricchezza della diversità e possibilità di unione, nelle variabili del linguaggio universale di gesti, sguardi, lacrime, abbracci e passi vicini.
Diversità che sono ricchezza, se ascoltate, capite, condivise. Diversità che possono sempre formare unità, tratto caratteristico della realtà, dove non c’è un filo d’erba uguale all’altro nell’infinita bellezza di un campo che abbraccia innumerevoli piante.
Il “Sì”, non c’è bisogno di tradurlo là dove ‘l sì suona (Inferno, XXXIII, 80). Aldo provoca il giovane uditorio europeo con una sua memoria: «Ricordo la Professoressa Vanda Dal Pian, mia insegnante di Lettere all’Istituto Colotti di Feltre, dirmi: L’inglese, quando parla, vomita; il francese, quando parla, parla; l’italiano, quando parla, canta!».
Nutriti di meraviglia
Non sapevano a cosa andavano incontro; forse partiti già annoiati per una “normale” visita in un “normale” museo, alla fine sono usciti nutriti e rinfrescati di un cibo condiviso, mescolato alle loro stesse parole, cuori e sogni, masticato e spezzato insieme, dopo una visita di circa tre ore in un crescendo di profondità. Sarebbe interessante, alla fine del gemellaggio, raccogliere le esperienze più toccanti per questi ragazzi in terra feltrina, valutando anche con occhiali internazionali l’orma lasciata dalle realtà locali.
Rischio e pericolo pietre srotolate, rolling stones
La visita chiama all’attenzione fin dall’inizio: si dichiara il pericolo, il rischio e il costo a seguirla. Il modo di condurla è provocante, toccante, scuotente, scavante, interpellante; calibrato sui ragazzi, per il futuro dei giovani e per dei giovani del futuro, inaccettato dagli adulti. Perché Mazzini nella Giovine Italia e nella Giovine Europa voleva solo uomini e donne sotto i quaranta? Che rischio costituiscono? E, viceversa e senza offesa, che anestetico è più facilmente diffuso sugli “anta” a seguire? Dichiarati rischi, costi e scomodità, è richiesto di mettersi in gioco e di assumere la responsabilità, prima di tutto verso se stessi: e se una voce mi scuote davvero? Se «sgorlando el perer» vengo colpito? Chi paga i danni? Se il cuore mi prende fuoco per la sete di giustizia, per il desiderio di verità, per la bellezza in un mondo che troppo spesso deforma e corrompe? Se mangio coraggio sufficiente da seguire questa voce interiore, chi ferma questi giovani?
Chi istiga i giovani a farsi Infiltrati di bene tra covi e bande sbandate, nere o sbiadite; chi li invita a sbendare i cuori e a lasciarli andare; chi attende il ladro nella notte per farsi derubare dalle sue protesi; chi lancia l’impossibile chiamata ai risorti da vivi, è un educatore del futuro del mondo o un pericoloso sobillatore sociale?
Assumere un compito per trasformare il mondo
I ragazzi sono chiamati a vivere la visita da protagonisti, interpellati ad assumere un ruolo attivo, rispettando la libera scelta responsabile. È evidenziata la necessità della fatica dello scavo, personale e umana. Sei chiamato, ma tu vuoi? Rispondi, c’è bisogno del tuo sì! I ragazzi sono chiamati ad alzarsi in piedi, a fare un passo per varcare una linea, a staccarsi dal gruppo per essere io, solo un io può camminare e anche guidare altri verso il bene. E servono non solo dei “sì” agli umili e impegnativi doveri quotidiani – comunque utili e necessari -; serve anche un “Sì” più grande e più alto, da dire e da dare alle richieste più impegnative, un “Sì” costoso per tutta la vita. Così i ragazzi incarnano i propri liberi “Sì” nell’assumere precisi compiti: lo Scriba, ruolo primario, vive e suggellerà la visita con la sua riflessione finale; altri ragazzi chiamati, rispondono sì a seguire la visita con sensi e cuore aperti, col compito di cercare un profumo, un gusto, un colore, un volto, un aggettivo, un verbo, per raccontare cos’è il Museo dei Sogni nelle loro lingue. Creatività possibile. Altri ancora assumono l’incarico di mettersi alla cerca di un diamante nascosto nel Museo e di parole smarrite da tanto tempo, riascoltate e raccolte qui.
Questo coinvolgimento fa calare un silenzio attivo e recettivo durante tutta la visita, in certi momenti palpabile per intensità, perché chiama alla presenza interiore a se stessi, all’ascolto della parola viva degli altri. In momenti inattesi, di stupore e meraviglia dell’accadere, si accende una luce sul bene assoluto dell’essere chiamati ad esistere, a vivere, a donare, e sui valori che ci abbracciano come il cielo e la terra, sostengono e innalzano la vita anche quando li si dimentica e li si scarta come robe vecchie. Qui ci è chiesto di so-stare nel mondo, riscoprendo le grandi risorse dell’inutile, e che nessuna persona è inutile.
Lavori in corso – work in progress: scavare e scalare
La visita proposta è difficile, non è per tutti, è un lavoro da compiere. La Cooperativa Sociale Arcobaleno ‘86 Onlus e la Comunità Villa San Francesco vivono del lavoro delle proprie mani, svolto con professionalità per il bene, l’utile e il necessario. Siamo in un luogo straordinario, frutto di un lavoro collaborativo che vibra delle energie di tutto il mondo. Un cartello all’ingresso avvisa: lavori in corso. Sì, ma dove? Nel cuore, spiega sicuro un ragazzo polacco. Aldo gli stringe la mano, e lo scavo continua, uno scavo in noi stessi, meravigliandoci anche delle altezze dei monti dei sogni del cuore, senza abbassarli, osando scalarli attingendo alla miniera interiore una manciata di coraggio giorno per giorno, da seminare e mescolare alle terre degli altri, sapendo soffermarsi un attimo in silenzio ad ascoltare la musica delle acque del mondo.
Durante la visita nella vecchia stalla, tra le pietre della casa di Pietro a Cafarnao e un frammento picconato del muro di Berlino, ascoltando il racconto appassionato delle peripezie umane e diplomatiche che hanno condotto e costruito l’impresa di questa impensabile raccolta, ogni tanto un ragazzo, una ragazza alzano la testa e allungano lo sguardo fuori, verso il rumore ritmico che accompagna di sottofondo la visita, al laboratorio dove i soci della Cooperativa sono impegnati al lavoro. Questa realtà è una pista di lancio, è la continua costruzione e assestamento di un’impalcatura comune, fatta momento per momento dalle fatiche dell’attenzione ai più minuti dettagli, sempre sollevata da uno sguardo verso un bene più alto. È un continuo cantiere educativo, formativo, professionalizzante, qualificante, artistico, sociale, politico, spirituale, concreto, aperto, vivo.
Pietre vive per edificare il mondo
Toccare ed essere toccati: questa è una delle regole del Museo dei Sogni. Qui, scoprono meravigliati i ragazzi, al contrario di un tradizionale museo è richiesto prendere per mano le pietre, toccarle, a patto di ascoltarle e lasciarsi toccare il cuore dalla loro storia. La visita scorre su emozioni silenziose nate da questi contatti e scambi, concreti come pietre vive: emozioni di tremore, timore ma anche orgoglio, dei ragazzi tedeschi a leggere e tradurre la lettera dell’allora Presidente dell’ex Repubblica Federale di Germania, Johannes Rau, in risposta alla Comunità: nella prima visita ufficiale di un capo di stato tedesco a Marzabotto, il 17 aprile 2002, accompagnato dal suo omologo italiano A. Ciampi, venne colto in pianto dai reporter; il Direttore della Comunità, guardando lontano, osò chiedergli in una lettera ufficiale, se possibile ricevere il fazzoletto che aveva raccolto quelle lacrime, per il Museo. Emozione di toccare un sasso della casa di Anna Frank. Emozione di un ragazzo polacco, colpito dal ritrovare al Museo un libro con la foto di papa Wojtyla, meravigliato nell’accostare la mano ai sanpietrini su cui caddero i bossoli dei colpi sparati da Ali Ağca, e alle lenzuola intrise di sangue del papa in fin di vita, giunte al Museo dall’ospedale Gemelli di Roma.
Emozioni di una storia comune intessuta di storie di vita, di un edificio che si sta edificando più grande di qualsiasi frontiera o muro, ma che si ha paura troppo spesso, a volte per intere generazioni, di guardare o di far vedere, e lo si occulta, tirando schermi o fabbricando protesi. Con delle scuse si riduce la vera altezza dei monti.
Investi i talenti e cammina
Il Museo dei Sogni, avvisa i visitatori un altro cartello, è un 8000 sopra il livello del cuore. Chi osa scalarlo? Di cosa c’è bisogno per l’impresa? Sono pronto a costruire l’impalcatura della fatica e a pagare il costo del bene?
La visita si snoda tra antichi muri in pietra di stalle e fienili, che hanno ascoltato parole in attesa di essere ricordate: il parolista, uno dei 10 compiti proposti e accolti che costituiscono il piano educativo della visita, alla fine ha ritrovato un antico e perduto termine celtico: carn o cairn, a indicare i mucchi di pietre costruiti lungo i sentieri di montagna, sicuri segnavia al calar della nebbia, da noi detti “omini” o “ometti”. Il Museo stesso è un monte, fatto di queste “pietre-simboli”, pietre viventi di una vasta storia umana comune, raccolta con spirito di profezia e pazienza, ammucchiata come un omino segnavia lungo il sentiero d’alta quota, che accende e dilata il cuore a sfiorarla, e fa splendere e sentire la bellezza della diversità.
Emozioni costose, non a pagamento. Non si compra l’emozione della verità di una vita fatta di esempio e di sangue versato, ma può costarti cara, può costare il tuo futuro, la tua fedeltà nel cammino e il tuo spenderti per la verità.
Chi ci crede più? Utopia o profezia? «Sentinella, a che punto è la notte?» (Isaia 21,11). Manca poco all’alba, ed è appena l’aurora! «Tantum aurora est!» (così papa Giovanni XXIII all’inizio del Concilio Vaticano II, ripreso dal cardinale Loris Francesco Capovilla, maestro e amico per 35 anni della Comunità Villa San Francesco). La strada è lunga, è vita, è costellata di incroci: un disegno di Vico Calabrò – Direttore artistico della Comunità e amico da oltre 40 anni -, tra i tanti che danno colore di leggerezza e respiro a tutta la Cooperativa, illustra un giovane, ognuno di questi giovani, in cammino lungo una strada fatta anche di specchietti e lusinghe, deviazioni e false mete; ma quel giovane cammina a testa alta, lo sguardo lontano, l’espressione meravigliata, verso la luce. Farsi bambini, non smarrirsi dietro maschere, è il compito cui questi giovani sono stati chiamati, chiamati ad essere e dare se stessi per il mondo, chiamati a camminare la strada della vita, per migliorarla.
La sala della bussola
Nel cammino, in una città o nella vita è possibile perdersi. Da quale bussola farsi guidare? Tra le altre vi erano l’esempio, il silenzio, la sobrietà, ma questi ragazzi hanno scelto in coro unanime la bussola della passione. Il mondo oggi ha un disperato bisogno di passione vera, passione giovane. Il mondo classico temeva e ordinava il dominio delle passioni, perché sapeva i distruttivi effetti delle affezioni dell’animo; il Cristianesimo è la Passione umana e divina nella sua dimensione interamente assunta e vissuta da Gesù, sofferta innocentemente e offerta, senza rancore, per redenzione. Il mondo banalmente, falsamente, pericolosamente neopagano di oggi, soffre di svuotamento e soffoca, trasuda di oscenità, leggerezze e tragedie banalizzate, ma ha sete da morire di vera passione trasformatrice dei giovani.
La visita guidata al Museo dei Sogni trasmette a questi giovani cuori, nati per sempre, una fiamma da testimoniare, impegno appassionante e costoso a salire in terra e trasformare. Non c’è fretta, ma urgono giovani infiltrati di bene, capaci della fatica di affrontare il nero di tanti contesti, di soffermarsi e accarezzare la vita che soffre, giocando il rischio di essere ritardatari a Betlemme.
Diamond & Dust
Quanto può costare una visita guidata al Museo dei Sogni? (E prendete la domanda alla lettera, dice il Direttore) Una valigetta di diamanti? Tutto l’oro del mondo? Quale diamante hanno trovato questi ragazzi durante la visita? Il cammino insieme termina in Sala Antonio Riboldi, sotto la Croce Italiana e davanti alla Mangiatoia Betlemita, due opere realizzate la prima con più di 100 diversi legni provenienti da tutta Italia e l’altra con 208 legni provenienti da 103 Paesi del Mondo, e benedetta a San Pietro da papa Francesco, dello scultore Gilberto Perlotto in collaborazione con volontari e ragazzi della Comunità. Il diamantista, ruolo di cercatore di preziosi, assunto da un giovane inglese originario dello Zimbawe, apre la valigetta di diamanti: una presa di polvere, raccolta tra i sassi davanti alla fotografia scolorita di quel che era la Cooperativa nell’86: ruderi di una cascina nel freddo invernale. Da quella polvere, con una collaborazione tracimante e meravigliosa, da una coltivazione e uno scavo di fioritura umana, è nata la Cooperativa Arcobaleno ‘86 Onlus e l’attuale Museo dei Sogni, della Memoria, della Coscienza, dei Presepi. Un diamante di trasformazione, una pietra filosofale, un credere, un covare l’inatteso, coltivare un sogno e vederlo fiorire. Questa polvere conserva impresse per sempre le orme di questi giovani e di migliaia di altri visitatori, dai 3 ai 100 anni, illustri e anonimi, i quali, a loro volta, ripartono con l’orma di questa visita nel cuore, per molti nuovo passo di vita.
Bellezza e ricchezza delle diversità, potenza della loro unità sempre possibile
Il “Sì” più impegnativo, trasfigurante e potente è stato dato da una giovane ragazza spagnola che ha accarezzato il mondo. La boccia che contiene le terre di tutti i 199 paesi del Mondo, raccolte con impresa diplomatica decennale, una fatica educativa che ha acceso gli occhi del mondo di una speranza già germogliata, è la vetta della visita, da accarezzare con sconfinata dolcezza.
Ci accomuna un fondo di umanità, che nasce sulla terra e sulla terra muore, che dalla terra e dall’acqua ha nutrimento, e sotto un unico cielo cammina.
Un impegno quotidiano e immenso, impegno assunto per tutta la vita: «Ruba la più bella pietra nel cortile della Cooperativa e, ogni giorno al risveglio al mattino e alla sera prima di addormentarti, dalle tre carezze: una a chi oggi nasce, una a chi oggi muore, una alle mamme che oggi, dando alla luce, muoiono».
Tre carezze al mondo di oggi, di ieri, di domani. Carezze di un mondo nuovo. I ragazzi sentono questi nuovi germogli, già qui durante la visita, e li accolgono come un profumo di legno, un tempo solo seme ed ora albero accarezzato dal cielo e riparo agli uccelli, cresciuto come questo museo; lo sentono come il gusto della rinascita, della resurrezione; come il colore marrone della terra, solcata dai buoi aggiogati, o il colore dell’arcobaleno, colori della vita, luce più forte delle tenebre, o il bianco di una tela vuota che impegna la tua responsabilità; come un volto antico, amico, come una sorpresa e una rivelazione, come un verbo che muove il primo passo e mette in cammino.
La restituzione data dai ragazzi è potente: parole nelle loro lingue e disegni, tradotte in inglese e in italiano, con cui restituiscono – portandosi dietro – emozioni, valori, stupore e meraviglia raccolti lungo la via. Liberati da zavorre e pesi superflui, attingono acque dissetanti con cui innaffiare i loro passi futuri e del loro Paese.
L’Italia, l’Europa, il Mondo, la Chiesa, non quelle di pagliacci e burattini, grotteschi e pericolosi, ma quelle di uomini e donne interi assetati di speranza e di bene, hanno sete di futuro, di verità, necessitano di giovani che facciano fiorire la vita della grande casa comune, coltivatori della memoria del futuro e tessitori della tenda del domani. Nelle tenebre di quotidiani e telegiornali, questi ragazzi possono portare un fiore di luce, un esempio di bene, una parola di coraggio, possono e devono assumersi il ruolo di infiltrati di bene. Per formare una rete di raggi di bene che s’infiltri nelle feritoie della notte di muri e trincee, riportando e coltivando nel proprio paese il profumo del sogno della propria terra mescolata alle terre di tutto il mondo, portando con sé l’apertura di coraggio per salire in terra e trasformare, di prendere per mano il proprio volto e danzare sul mondo, di investire i propri talenti e camminare, guidando qui future visite anche internazionali, e rilanciando lo sguardo e le orme insieme verso una meta di luce.
Ritardatari a Betlemme
La visita si è conclusa, come sempre impostata sul protagonismo educativo e formativo, con dei “compiti a casa”: ognuno ha l’incarico, tornato nel proprio paese, di trasmettere alla Comunità un simbolo – terra, acqua, sale, pietra, legno, ferro, presepio, dipinto e qualsiasi altra goccia di vita – che racconti una storia sul tema educativo dell’anno in corso 2024: Risorti da vivi. Nella prossima mostra di Natale 2024, che verrà allestita al Museo dei Sogni, sarà dedicata una sezione al gemellaggio europeo, con la raccolta di questi simboli.
Giulio Bellocchio