A cura di don Paolino Rossini (25ª domenica del tempo ordinario - anno B)

Chi accoglie uno di questi piccoli

Senza Gesù, prevale nel gruppo dei discepoli la logica del confronto: chi è il leader tra noi?

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Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea. Chi è stato in Terra Santa sa che la Galilea è una bella pianura fertile. Il cammino del gruppo di Gesù oggi è facile, ma è ben arduo il discorso che affrontano. Gesù insegna cose difficili, che gli allievi non vogliono sentire: «Il Figlio dell’Uomo viene consegnato e lo uccideranno…». C’è allergia – comprensibilissima! – negli ascoltatori per questo discorso. Gesù ritorna sull’argomento, ma senza fretta. Aspetta il momento opportuno per approfondire e precisare, con pazienza. Per i discepoli è meglio tacere, sviare l’argomento e andare avanti. E lui, maestro saggio, non insiste. Rispetta i loro ritmi e lascia che parlino di altre cose tra loro. Il Maestro si fa un po’ da parte e continua a camminare con loro, ma un po’ in disparte. Senza di lui, nel gruppo prevale la logica del confronto. Chi è il leader tra loro? Chi si impone con la sua opinione? Chi fa tendenza?

Arrivano e si ritrovano tutti insieme in casa con Gesù che domanda: «Di che cosa parlavate lungo la strada? Ed essi tacevano». Erano imbarazzatissimi. Mentre Gesù viveva la logica del dono di sé, totale, essi vivevano la logica del confronto e della competizione. Chi è il migliore? Chi fa meglio le cose? Chi merita encomi?… Anche oggi, nelle nostre comunità cristiane, ci sono due cammini opposti: quello di Cristo che si dona per amore, fino alla fine, e quello del mondo che cerca prestigio e onore, che punta a propri obiettivi e al proprio successo.

Gesù e i suoi camminano insieme, ma i pensieri divergono e le aspirazioni si allontanano. I seguaci camminano dietro a Gesù, ma il cuore sta prendendo le distanze. Messi alla presenza del Maestro in casa, a quattr’occhi, i discepoli si vergognano di sé stessi, di ciò che pensano e di ciò che sentono. Oltre che con grande pazienza, Gesù tratta i suoi con dolcezza. Non infierisce sulle loro debolezze. Non li umilia nella loro vanagloria e nei loro vuoti ragionamenti. Riprende semplicemente il suo insegnamento: «Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore…». Insegna dunque sottovoce e in maniera persuasiva.

E qualora le parole non bastassero, compie un gesto simbolico. Prende un bambino, lo pone in mezzo e lo abbraccia dicendo: «Chi accoglie uno solo di questi piccoli, nel mio nome, accoglie me». Il bambino è il piccolo che è messo di fronte ai grandi. Gesù mette il piccolo al centro di quelli che vogliono essere grandi. Nella scala sociale i piccoli e gli scartati sono ultimi. Nella scala del Vangelo le cose sono diverse: è più grande chi sa accogliere gli ultimi. Ciascuno adesso ha modo di verificare: se il suo pensiero diverge o va nella stessa direzione di Gesù, il Crocifisso inerme.