Per l’imminente apertura dell’anno santo 2025 (24 dicembre a Roma, 29 dicembre nella nostra diocesi), rinvio le puntate sulla morte ad altra data, per trattare della storia del giubileo.
Il primo giubileo della storia, il giubileo del 1300, non nacque per una decisione presa dall’alto, per un progetto studiato dal papa Bonifacio VIII e dalla curia romana, ma per la devozione del popolo che il giorno di Natale del 1299 si riversò numeroso nella basilica di San Pietro, mosso da una convinzione diffusa e comunemente accettata che in quel giorno e per tutto quell’anno centenario si sarebbero godute particolari grazie spirituali per la remissione dei peccati. Questo moto spontaneo fu la schietta esplosione di sussulti e aspirazioni spirituali diffuse da lunga data.
Il fluire del tempo nel Medioevo era scandito da ricorrenze di carattere sacro: gli anniversari di traslazioni di reliquie, le ricorrenze di feste dei santi, gli anniversari di dedicazioni di chiese.
Non solo i giorni, ma, a partire dall’XI secolo, anche alcuni anni vennero caricati di un significato particolare. L’anno Mille non destò nessuna impressione nell’immaginario collettivo. Fu il 1033 che attirò l’attenzione e abbiamo diverse testimonianze che il millenario della morte e risurrezione di Cristo venne vissuto come un anno di particolari benedizioni, specialmente se paragonato alla carestia che aveva imperversato nell’anno precedente. Il cronista Rodolfo il Glabro († 1047) ci testimonia che in quell’anno si ebbe un flusso considerevole di pellegrini dall’Europa verso Gerusalemme; tra i viandanti non mancavano le donne e i bambini. Nel 1233 si diffuse per l’Italia il movimento dell’Alleluia, guidato da frati domenicani e francescani.
Inoltre nel corso del Duecento andò diffondendosi l’attesa non della fine del mondo, ma di un rinnovamento radicale dell’umanità. L’abate Gioacchino da Fiore (1130-1202) aveva distinto tre età nella vita del mondo, quante le persone della Trinità; in ciascuna delle tre età la società si organizzava avendo come modello ispiratore una persona della Trinità. Gioacchino calcolava alla metà del Duecento l’inaugurarsi della terza e ultima era, l’era dello Spirito Santo. Questa era sarebbe stata caratterizzata dal fatto che un nuovo ordine di monaci avrebbe sostituito la gerarchia ecclesiastica e si sarebbe operato un radicale rinnovamento della cristianità.
Lo scontro che nella prima metà del Duecento si verificò tra l’imperatore Federico II e i papi assunse negli osservatori dell’epoca chiari tratti escatologici e premonitori di una nuova età. Il movimento degli spiritualisti francescani andava predicando che Francesco d’Assisi era l’Angelo del sesto Sigillo (Apocalisse 6,12).
Il francescano Pier di Giovanni Olivi, uno dei teologi più rappresentativi di questo movimento, aveva fissato al 1300 l’avvento della nuova era dello Spirito Santo: «nella fine del 13° centenario dell’incarnazione di Cristo». Così pure il medico catalano Arnaldo da Villanova nel suo trattato De tempore adventus Antichristi (1297) affermava: «per ultimi tempi si deve intendere gli ultimi cento anni di questa epoca». Uno dei segni premonitori dell’inaugurarsi dell’ultima epoca del mondo era la comparsa del “Papa angelico” e questo venne identificato in Celestino V, eremita di 85 anni che fu papa per soli cinque mesi nel 1294: la sua rinuncia fu una cocente delusione, vista come una vittoria delle strutture sulla spiritualità rinnovatrice.
Insomma era assai vivo nel popolo cristiano l’anelito e insieme l’attesa di un rinnovamento, l’attesa di una fine che sarebbe stata l’inizio e l’avvento del Regno di Dio. Il giubileo del 1300 ebbe origine in questa atmosfera di aspirazioni idealistiche, in questo terreno arato da sussulti spirituali e da fervorosi desideri di ottenere all’inizio del nuovo secolo un generale perdono.
L’eco di tutto ciò giunge fino a noi in un elemento comune nei testi dell’epoca, che ci parlano di questo primo giubileo: il centenario della nascita di Cristo. Si guarda all’anno centenario come ad avvenimento decisivo nella vicenda umana: l’anniversario centenario della nascita di Cristo viene entusiasticamente percepito come un tempo che si distingue dagli altri tempi, come un tempo speciale di grazia. Dal momento che questi elementi ritornano nelle testimonianze dell’epoca, dobbiamo con facile deduzione supporre che questi fossero anche i temi ricorrenti con i quali i predicatori scaldavano i cuori di fedeli già polarizzati verso il centenario della nascita di Cristo.
Era insomma convinzione ormai radicata che nel fluire del tempo vi sono non solo giorni, ma anche anni che, per il particolare carico di significato che li caratterizza, sono occasioni di grazie più copiose e straordinarie.
don Claudio Centa
(1 – continua)
NELLA FOTO: Roma, San Giovanni in Laterano – Giotto, Bonifacio VIII indice il giubileo del 1300, c. 1300, porzione di affresco. Quello che oggi possiamo ammirare faceva parte di un affresco molto più esteso, con il quale Giotto celebra il primo anno santo della storia. Abbiamo testimonianza dell’intero affresco da un disegno che lo riproduce fedelmente ed è conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano.