Pagine di storia della Chiesa

Il seminario di Belluno, tra i primi in Italia

Lo avvia nel 1568 il vescovo Contarini, non senza controversie per il suo mantenimento

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Le decisioni del concilio di Trento sull’obbligo di ogni diocesi di istituire il seminario per formare i futuri sacerdoti erano tassative e non lasciavano dubbi in proposito. Tuttavia negli anni seguenti vi furono tanto vescovi che, anche con soluzioni di fortuna, si attivarono subito per aprire il seminario, quanto altri che invece tergiversarono. I due vescovi dell’epoca a capo delle diocesi di Belluno e di Feltre ne sono un esempio: Contarini di Belluno della prima situazione e Campeggi di Feltre della seconda. Per entrambe le diocesi il problema più grave da affrontare consisteva nel reperire i fondi per ospitare e mantenere seminaristi e precettori; il concilio infatti aveva decretato che la diocesi doveva “nutrire” i seminaristi, a meno che non appartenessero a famiglie ricche, nel qual caso i genitori avrebbero spesato il mantenimento del figlio.

A Belluno era vescovo il veneziano Giulio Contarini che resse con dinamico governo la diocesi per oltre trent’anni (1542-1575). Voglio qui ricordare che nel primo periodo del concilio (1545-1547) pronunciò un ardito intervento sulla dottrina della giustificazione, nel quale cercava in qualche modo di conciliare le tesi luterane con la dottrina cattolica, vi furono delle reazioni tali, per cui ritenne prudente lasciare l’assemblea.

In Italia fu tra i primi a voler dare adempimento al decreto sui seminari. Non erano trascorsi nemmeno quattro anni dalla chiusura del concilio, quando il 13 giugno 1568 Contarini promulgò il decreto di apertura del seminario. Tra le diocesi venete solamente Treviso e Verona precedettero quella di Belluno nel munirsi del seminario. In autunno i primi dieci seminaristi con il loro unico maestro vennero accolti in un edificio modesto, situato davanti alla chiesa di Loreto. Certo la sede si trovava in zona allora periferica, non vicina alla cattedrale, come stabilito dal concilio. Ma Contarini, forse meditando che il meglio è nemico del bene, considerò saggiamente che se si fosse atteso di poter ottemperare al meglio tutte le condizioni, si sarebbe forse rinviata a chissà quando l’apertura del seminario; meglio iniziare con i mezzi che si avevano: sede periferica e un solo maestro.

Contarini procedette contemporaneamente a dar vita alla commissione amministrativa di quattro membri, prevista dal concilio di Trento al fine di provvedere alla raccolta di denaro per finanziare l’importante iniziativa formativa. In quell’estate del 1568, Contarini scelse i due membri a lui spettanti, un canonico e un prete della città; gli altri due vennero eletti uno dal Capitolo e l’altro dal clero diocesano tra i sacerdoti residenti in città: risultarono eletti il decano della cattedrale Nicolò Memo e Giuseppe Cantilena, curato di Tisoi.

Nell’atto del 13 giugno col quale istituiva il seminario, Contarini collegava ad esso le rendite di due chiericati, cioè benefici ecclesiastici che non comportavano cura d’anime, uno situato nella pieve di Cadola e l’altro in quella di Limana. Da parte sua, il vescovo destinava la somma annua di 50 ducati da prelevare dalle sue rendite quale stipendio annuo del precettore. Presso la Camera Apostolica i redditi dell’episcopato bellunese erano calcolati poco sopra i 2.000 ducati annui, quindi Contarini avrebbe destinato ogni anno quasi il 3% delle sue rendite. Ma la percentuale era in verità più alta dal momento che la stima della Camera Apostolica delle entrate del vescovo bellunese era in eccesso: sia i vescovi di Belluno che di Feltre lamentavano presso la curia romana che quelli erano gli introiti di quando i due episcopati erano governati da un solo vescovo.

Tenendo presente ciò si capisce la misura della tassazione che Contarini decise per tutti i beneficiati della diocesi; egli infatti stabilì per ogni prete beneficiato l’obbligo di versare annualmente per il seminario una mezza decima, il che significava il 5% dei redditi.

A opporre immediatamente un netto rifiuto a metter mano alla borsa furono i canonici della cattedrale: non i parroci, ma i detentori dei benefici più ricchi si segnalarono per spilorceria verso la nuova importante istituzione. Visto che con le sue sole forze non riusciva a smuovere il Capitolo, graniticamente unito e deciso a non sborsare un soldo, Contarini nel luglio del 1569 (era trascorso il primo anno di scuola) fece ricorso a Roma, al dicastero che dal 1564 si occupava di tutto ciò che concerneva l’attuazione dei decreti conciliari. La romana congregazione cardinalizia diede pieno appoggio al vescovo dicendo che i canonici, come ogni altro beneficiato, non si potevano sottrarre a quella contribuzione. Appena ebbe ricevuta la risposta romana, Contarini passò immediatamente ad emanare un decreto (5 ottobre 1569): entro nove giorni ogni beneficiato doveva versare la sua mezza decima per il 1569 e, i renitenti, dovevano assommare ad essa una cifra uguale in assolvimento della tassazione del 1568.

Cinque anni più tardi, il cancelliere vescovile attestava che la somma annua che, tra le varie voci d’entrata succitate, si metteva insieme per il seminario arrivava a sfiorare i 300 ducati. Col passar del tempo e con l’allontanarsi dalla data di promulgazione la forza degli editti si smorza e così negli anni seguenti i beneficiati che osservavano il versamento della mezza decima si diradarono progressivamente.

Intanto a Feltre, il vescovo Rovellio non osava nemmeno porre nei suoi sogni più appaganti di poter mettere insieme 300 ducati per il seminario. Raccogliere una cifra molto più ridotta per mandar avanti una attività più modesta era impresa ardua. Ma di ciò la prossima volta.

don Claudio Centa

Nella foto: Anonimo veneto, Ritratto di Giulio Contarini, inizi Seicento, Belluno, Seminario Gregoriano.