60 anni fa l’inaugurazione della colonia bellunese sul litorale del Cavallino

Il Villaggio San Paolo fa 60

Fu Paolo VI a chiedere che venisse intitolato all’Apostolo e non al Papa

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Il Villaggio San Paolo, nel litorale del Cavallino, è un luogo di vacanza speciale: in riva al mare e immerso nel verde, ha come priorità l’abolizione di barriere architettoniche e mentali. Pensato a misura di famiglie e disabili, permette di trascorrere una vacanza totalmente accessibile, in un clima gioioso e accogliente. Ha una lunga storia alle spalle. Sviluppato nell’area occupata dai resti di una batteria militare della Prima Guerra Mondiale, è nato nei primi anni Sessanta come colonia estiva per i bambini delle diocesi di Belluno e di Feltre, grazie al generoso e volenteroso concorso di tantissime persone.

Il grande edificio che si innalza al centro dell’attuale villaggio, dove tuttora trovano sede l’ala con servizi alberghieri, il residence e il ristorante “Bellavista”, è stato costruito tra il 1963 e il 1964 dalla diocesi bellunese – anima dell’iniziativa don Aldo Belli (1923-1986) – e a partire dall’estate del 1964, esattamente sessant’anni fa, ha accolto centinaia di bambini, per la maggior parte gli orfani di Longarone e Castellavazzo, sopravvissuti al disastro del Vajont. L’opera, dopo tante difficoltà, è stata completata grazie ai moltissimi aiuti economici pervenuti in occasione di tale sciagura, in particolare la diocesi di Milano, che ha posto come condizione che fossero annualmente ospitati gli orfani delle zone colpite fino alla maggiore età. Una generosa offerta alla diocesi di Belluno era stata fatta anche da papa Paolo VI, eletto pochi mesi prima di quel tragico 9 ottobre. Per riconoscenza e affetto verso la solidarietà del pontefice, inizialmente era stata avanzata la proposta di chiamare la nuova colonia “Paolo VI”. Nel telegramma che il papa inviò in occasione dell’inaugurazione – avvenuta il 23 luglio 1964 – e che fu letto dal vescovo Muccin, «il Pontefice si compiace vivamente per il compimento della provvida iniziativa della nuova colonia marina per i bimbi sinistrati del Vajont, ringrazia per il gentile pensiero e pensa sia preferibile intitolare la colonia al nome di san Paolo». Anche in una situazione come questa, apparentemente ordinaria, trapela l’umiltà di Paolo VI, proclamato santo nel 2018 e definito da papa Francesco «umile profeta di amore».

Alla cerimonia di inaugurazione presero parte le maggiori autorità civili, religiose e militari di Venezia e di Belluno. Nell’articolo del “Gazzettino”, uscito il giorno successivo, viene riportata una descrizione del complesso appena eretto, progettato dall’architetto Adriano Barcelloni-Corte:

«È imponente, formato da due ali che danno alla struttura una forma a elle. L’edificio presenta le camerate per i giovani ospiti, mentre sull’altro lato vi sono sistemati tutti i servizi, dall’infermeria alle camere del personale. Le camerate per i bambini sono divise da vari compartimenti, ognuno dei quali contiene dieci letti, mentre in ogni camerata vi sono le stanze delle sorveglianti. La colonia è attrezzatissima anche in caso che il tempo non fosse clemente; ai lati di ogni camerata vi sono infatti stanzette di ricreazione, una per ogni squadra. Il fronte mare è di circa duecento metri e attorno all’edificio corre un porticato. All’interno l’arredamento è tutto in legno di larice americano: il geometra Pietro Cosmai, arredatore dei locali, ha cercato di ricreare l’atmosfera e il colore di un ambiente rustico, tipico della montagna, per mettere maggiormente a proprio agio i bambini».

Nei tre piani si aprivano gli ampi e lunghi cameroni con i letti allineati, sotto c’erano il salone refettorio, la direzione e un piccolo bar. Ogni estate c’erano tre turni di 500 bambini ciascuno, dai 6 ai 13 anni, della durata di 25 giorni. I ragazzi erano vestiti con la divisa, un grembiule azzurro e in testa un cappellino bianco. La vita in colonia era espressione di ordine e rigore, ma anche di sano divertimento. Una giornata tipo prevedeva la sveglia e l’alzabandiera, i giochi in spiaggia sotto le tende, l’ora del bagno in mare (quando i bambini partivano di corsa verso l’acqua al suono del fischietto della direttrice), la merenda, il film alla sera prima di andare a letto. Le molte inservienti e assistenti che prestavano servizio in colonia – guidate da Stella Salvadori, storica direttrice – organizzavano ogni settimana gare e tornei all’aperto, come la corsa nel cortile, i castelli di sabbia, i disegni, o altre attività come il teatro e il coro, ed erano pronte anche a consolare qualche attimo di nostalgia o ad asciugare qualche lacrima.

Nei primi anni ’80, a causa di cambiamenti socioeconomici, si ebbe da un lato una notevole riduzione del numero dei ragazzi che venivano in colonia, dall’altro un aumento della domanda di famiglie per trascorrere le vacanze al Villaggio. Questo portò a ridimensionare gli spazi della colonia e a trasformare e riconvertire i dormitori, a partire dal 1984-85, in nuovi e funzionali appartamenti familiari.

Giorgio Reolon