Lo abbiamo saputo solo ora, ma almeno ora lo vogliamo ricordare. Il 13 agosto scorso è morto padre Bruno Carpene, missionario degli Oblati di Maria immacolata. Non ho mai approfondito se sia andato nelle missioni “difficili” da sempre affidate a questa congregazione religiosa, ma per molti anni, dagli anni Novanta in poi, la sua vocazione l’ha realizzata tra noi.
Originario della provincia di Verona, arrivò tra noi come insegnante di lettere presso l’Istituto “Dolomiti Pio X” di Borca di Cadore. La sua vera passione era nel canto e nella musica: responsabile dell’Associazione dei Pueri Cantores, istruiva e preparava i ragazzi e i ragazzi a suonare il piano e l’armonium e a far parte dei cori di chiesa, con tanto di esame finale alla presenza dell’arcidiacono monsignor Renzo Marinello e di don Sisto Berton. Preparò i cori per uno degli incontri con papa Giovanni Paolo II, durante una vacanza a Lorenzago.
Nei primi anni Novanta, nelle intenzioni di monsignor Ducoli, doveva sistemarsi nella nuova canonica di Dosoledo. Invece capitò a Pozzale (Pieve di Cadore), dove servì quella comunità, promuovendo la nascita di un bel coro aperto, anche a cantori di altri paesi che ricordano con nostalgia quell’esperienza.
In Comelico ci arrivò lo stesso dopo qualche anno per collaborare con il pievano di Candide, cui erano state affidate anche le parrocchie di Padola e Dosoledo, rimaste senza pastore. Anche lì lo ricordano con affetto e riconoscenza. Visto il passare degli anni, ritornò poi alla sua comunità, migrando in diverse case della Penisola, non senza ritornare talvolta in Cadore, per salutare gli amici e soggiornare d’estate all’ex-preventorio di Laggio.
Il funerale è stato celebrato a Lugagnano di Sona (Verona), dove sono intervenute alcune persone amiche e riconoscenti del Cadore. Il celebrante nell’omelia ha ricordato il suo legame pieno di nostalgia con le Dolomiti e i nostri paesi.
Lo immaginiamo ora davanti a una tastiera, mentre accompagna il canto celestiale degli angeli in onore del Signore, magari con i mezzi guanti, lui che pativa tanto il freddo.
don Osvaldo Belli