Il 7 luglio scorso, è stato presentato in Vaticano l’Instrumentum laboris, cioè il testo base per i lavori della seconda sessione del Sinodo dei vescovi, che si terrà dal 2 al 27 ottobre prossimi. Il cammino iniziato il 9 ottobre 2021 volge verso la sua conclusione, riservandoci qualche sorpresa anche in questi documenti, articolati e complessi, nei quali si intravede un cambiamento di passo e di linguaggio.
Il 10 maggio scorso, parlando ai preti e ai diaconi della nostra diocesi, il priore di Bose Sabino Chialà osservava: «C’è chi sa intravedere in questo cammino la grande novità della presente stagione ecclesiale; chi invece lo avverte come l’ennesima fatica inutile, il buco nero in cui sciupiamo le ultime energie rimaste». Soggiungeva: «l’unica cosa certa è che non sappiamo dove questo cammino ci condurrà. Sappiamo che si tratta di un processo, ma dagli esiti imprevedibili». E così è stato perché questo Sinodo non è stato tanto un evento, quanto un inedito avventurarsi in zone inesplorate.
La nostra diocesi si è immersa nell’esperienza sinodale con qualche fatica o sfilacciatura, ma anche con momenti di vero entusiasmo, partecipando al cammino italiano e universale. Non è stato facile districarsi in questi percorsi, che hanno intrecciato tre diverse esperienze:
- il lavoro che la nostra diocesi aveva fatto fino all’assemblea sinodale del 18-25 settembre 2021, da cui era scaturita la “Carta d’intenti” per una pastorale di comunione tra le comunità parrocchiali;
- il sinodo universale che arriverà al “dunque” nel prossimo mese di ottobre;
- il Cammino sinodale delle Chiese in Italia.
All’inizio del 2022 abbiamo preparato il terreno e poi a primavera abbiamo avuto l’inattesa risposta di oltre 240 gruppi sinodali: era la fase narrativa, tesa ad ascoltare il racconto della vita delle persone e dei territori: non si sono fatte indagini demoscopiche, ma si è ascoltato il senso della fede dei battezzati. Ne è venuta la prima sintesi diocesana, confluita nella sintesi nazionale. Nell’anno successivo la consultazione si è concentrata su alcune priorità, in particolare l’ascolto del mondo dei giovani e il rinnovo degli organismi di partecipazione e comunione.
Poi il cammino è continuato con la fase sapienziale (2023-24), che ha sempre tenuto in relazione la nostra diocesi con le altre Chiese italiane, attraverso le equipe sinodali, gli incontri dei referenti diocesani, lo scambio delle sintesi finali. Si è trattato di dare una lettura spirituale alle narrazioni raccolte, cercando di discernere «ciò che lo Spirito dice alle Chiese», sempre ascoltando “la base”. L’analisi di quanto emerso nell’ascolto non è stata delegata a commissioni di esperti, ma è sempre ritornata alle Chiese locali, mantenendo teso l’orecchio nell’ascolto del Popolo di Dio.
Ora si prepara la cosiddetta fase profetica (2024-25), nella quale le Chiese italiane matureranno alcune decisioni. È attesa per la fine di settembre la pubblicazione dei Lineamenta, sui quali lavoreranno soprattutto le equipe diocesane. Il loro obiettivo è preparare la prima Assemblea del Cammino sinodale, che si terrà a Roma nei giorni 15-17 novembre: la nostra diocesi sarà rappresentata dal Vescovo, dai due referenti diocesani (Giulia De Pra e don Davide Fiocco) e da un terzo delegato, che il Vescovo indicherà a breve.
Da questa assemblea uscirà un Instrumentum laboris, che nel mese di gennaio 2025 verrà sottoposto all’esame del Consiglio pastorale diocesano, del Consiglio presbiterale e di altri organismi di partecipazione. Osservazioni e proposte verranno portate alla seconda assemblea nazionale, convocata nei giorni dal 31 marzo al 4 aprile 2025. Il documento finale verrà consegnato all’Assemblea della Conferenza Episcopale italiana, che si terrà a fine maggio 2025.
Cui prodest? Di fronte a questo lavorio, qualcuno dissotterra l’aforisma per cui «mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata»: le comunità cristiane sono in sofferenza per tanti motivi. Osservava Sabino Chialà: «Il problema principale non è che i cristiani siano meno, ma che siano così disorientati, demotivati, confusi, indifferenti». Sbandierando questo disagio, alcune frange tradizionaliste hanno “partecipato al sinodo” con pamphlet sui social, invocando il ritorno a un’età dell’oro, che di fatto non è mai esistita. Notava però il cardinale Jozef De Kesel, arcivescovo emerito di Malines-Bruxelles, «la Chiesa non può più aggrapparsi alla sua posizione culturale del passato… La fine della cristianità non significa la fine del cristianesimo. Si tratta piuttosto della fine di una sua figura storica». Per usare metafore evangeliche, è probabilmente finito il tempo della città sul monte, è venuto il tempo di essere lievito nella pasta.
Con una convinzione di fondo, che il cardinale lussemburghese Jean-Claude Hollerich, relatore generale dell’Assemblea del Sinodo dei vescovi, ha così definito: «La Chiesa non è una Chiesa dei chierici, la Chiesa è una Chiesa dei battezzati».
Davide Fiocco
(Foto Vatican Media/SIR)