Una lunga storia

La chiesa riaperta al culto dopo 24 anni

Il vescovo Renato alla comunità di Perarolo: «È questa chiesa che benedice noi»

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Una semplice, ma sentita liturgia, organizzata dall’arcidiacono del Cadore don Diego Soravia e presieduta dal vescovo Renato, domenica 16 giugno ha riconsegnato al culto la chiesa parrocchiale di Perarolo.

Era chiusa dalla primavera del 2000, per l’esecuzione di importanti lavori di consolidamento fondazionale e restauro conservativo, realizzati complessivamente tra il 2000 e il 2017. Una chiesa dalla storia travagliata, riconsegnata a una comunità definita «resiliente». Il vescovo Renato: «Sono rimasto impressionato da come voi parrocchiani avete manifestato la vostra volontà forte e persistente di rientrare in questa chiesa, e non sembrava scontato riuscirci… per questo noi oggi benediciamo questa chiesa, ma è questa chiesa che benedice noi, con la sua storia travagliata, le sofferenze, le difficoltà». Ancora, in un altro passo della sua omelia: «questa chiesa ci racconta di un fondovalle vulnerabile…ma quanti sono i fondovalle della nostra vita! Questa chiesa e voi amici di Perarolo siete la testimonianza che tante volte il Signore parte dai più piccoli e ricostruisce. Siate testimonianza di questo!».

Perché non prima?

A lavori terminati, una presunta instabilità della facciata, realizzata nei primi anni ‘50 del Novecento ha ritardato di ulteriori sette anni la riapertura. Per risolvere questo ultimo impedimento, l’amministratore parrocchiale don Diego Soravia e il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici (CPAE) avevano promosso una sottoscrizione di fondi finalizzata ad installare per un anno un impianto di rilevamento di eventuali micromovimenti strutturali.

Le misurazioni, condotte a partire dall’autunno 2022 hanno rilevato una situazione di normalità che ha permesso la redazione di una perizia asseverata, necessaria al Comune per togliere l’ordinanza di interdizione all’edificio. Sembra così terminato l’intervento complessivo sull’edificio – a parte riportarne arredi ed opere d’arte – che, in 24 anni, ha visto il succedersi di quattro vescovi (Brollo, Savio, Andrich e Marangoni) e cinque parroci alla guida della comunità (Sisto Berton, Pierluigi Larese, Pietro Bez, Francesco Silvestri e Diego Soravia); ciascuno di essi, assieme al succedersi di vari CPAE, è stato chiamato a dare il proprio contributo decisionale e operativo, per giungere allo stato odierno.

164 anni di storia

Una storia difficile quella della chiesa di Perarolo che è iniziata con il rifabbrico Ottocentesco, fortemente stimolato (si potrebbe dire imposto) dalle ricche famiglie borghesi di mercanti di legname per liberare un lembo di paese dalla vecchia chiesa Settecentesca e realizzare la piazza. Appena 35 anni dopo la sua costruzione, se ne dovette demolire la navata che minacciava di crollare. Nel 1904 la comunità di Perarolo – guidata dallo zelante don Arcangelo Gregori – cercò una soluzione più leggera e stabilì di realizzarla in legno ma forse anche per il grande rimaneggiamento del sottosuolo per le opere di fondazione, sul quale insistevano infiltrazioni di acqua, già verso gli anni ‘30 del Novecento furono necessari dei lavori per risollevare le colonne che nel frattempo erano sprofondate. Capofila dell’intervento il sempre ben amato e ancora ricordato in paese, don Augusto Coletti di Tai di Cadore.

Primo tentativo di eliminare la precarietà

Negli anni del secondo dopoguerra si decise di mettere mano a quella provvisorietà che durava da ormai 50 anni e si realizzò l’attuale facciata in muratura, con l’intento di fare in un momento successivo anche le due pareti della navata. Nell’introdurre il parroco don Cesare Vazza, nel 1963, mons. Angelo Fiori, arcidiacono del Cadore, definì la chiesa «una baracca», nell’intento buono di stimolare i perarolesi a terminare quanto con la facciata in muratura avevano iniziato. Il disastro del Vajont prima e l’alluvione del 1966 poi causarono però una forte emigrazione dal paese a cui era nel frattempo venuta a mancare anche l’economia e la frequentazione da parte degli operai e spesso delle loro famiglie impiegati nella costruzione degli impianti dei bacini idroelettrici… e della chiesa non si riuscì a fare altro. Don Cesare per primo capì però l’importanza e la peculiarità della chiesa di Perarolo e della sua comunità cristiana, intimamente legata alla fluitazione del legname lungo il Piave; realizzò un piccolo ma prezioso opuscolo sulle opere d’arte delle chiese della Parrocchia mettendo in luce il loro legame con l’economia del legno.

Un rinnovato spunto dagli anni ‘90

A ridare uno spunto importante al tema fu don Sisto Berton, entrato come amministratore parrocchiale a Perarolo nell’autunno del 1986. Chi scrive ricorda una persona di mezza età (allora) che, al suo ingresso, disse “par mi sto prete l’ha intenzion de fa calsossa”, esempio del sentimento che permeava il paese nei confronti del problema irrisolto della chiesa parrocchiale, che nel frattempo si era anche aggravato poiché anche il presbiterio stava manifestando segni di indubbia instabilità. Nei suoi 17 anni di permanenza in parrocchia, interrotti per decisione del vescovo mons. Vincenzo Savio nel febbraio 2003, si prodigò per tutti gli anni ’90 per realizzare dei sondaggi delle fondazioni della chiesa e per impostare un progetto di consolidamento fondazionale che portò in cantiere all’inizio del 2000. Successivamente impostò il progetto per il restauro conservativo del presbiterio che venne condotto sotto la guida dei suoi successori: don Pierluigi Larese e don Pietro Bez poi.

Luogo di spiritualità e cultura

Rimaneva il problema della navata e della facciata, ritenuta pericolante dal 2002, quando un sopralluogo dei Vigili del Fuoco ritenne opportuno segnalare la pericolosità al Comune che emise un’ordinanza di interdizione. Sotto la guida di don Francesco Silvestri si ragionò attorno al rifacimento della navata e della facciata, nel solco delle indicazioni date da mons. Vincenzo Savio che, incontrando la parrocchia nell’autunno del 2003, indicò che la navata nuova dovesse essere “dignitosa e funzionale”. La sua passione per l’arte, anche come importante strumento di insegnamento al bello, all’amore e quindi alla meditazione spirituale cristiana, lo portò a considerare una preziosità le opere della chiesa di Perarolo e ad indicare una metodologia di possibile fruizione per l’arte e lo spirito. Il suo suggerimento venne accolto e fatto proprio da don Francesco Silvestri, succeduto a mons. Pietro Bez alla guida della parrocchia, che indicò la chiesa di Perarolo «un luogo di spiritualità e cultura lungo il cammino delle Dolomiti». Una verifica di importanza storica, avviata dalla Conferenza Episcopale Italiana, decretò però l’interesse storico della chiesa, nelle condizioni in cui essa è attualmente: parte in legno e parte in muratura. Il suo recupero finale è avvenuto dunque con un restauro conservativo anche della navata lignea, promosso da don Francesco Silvestri che della chiesa diceva: «Prego bene in questa chiesa perché riflette noi stessi, la nostra anima. Per metà è bella, pulita, luminosa, essa rende onore e grazia al Signore…ma c’è una metà che non è così bella. Essa è più precaria, buia ed ha bisogno della sua metà bella per riconciliarsi con Dio». I lavori sono terminati nel 2017 e poi le ultime misurazioni ne hanno attestato la bontà. Con le sue caratteristiche e la sua testimonianza di fede resiliente secolare dei perarolesi potrebbe proprio divenire un luogo di spiritualità e cultura lungo il Cammino delle Dolomiti.

Marco Maierotti

In questo video (clicca qui), ecco come si presentava la chiesa di Perarolo prima dell’avvio dei lavori di restauro, a fine estate 1999. È un video pur amatoriale, ma diventa un documento straordinario perché testimonia la situazione della chiesa prima dell’inizio dei lavori di restaturo. L’organo che si sente suonare è il Nachini-Dacci (1765-1768) di Perarolo.