Pagine di storia della Chiesa

La presenza in diocesi delle Poverelle del Palazzolo

Si chiude una storia di carità; alla fine degli anni Ottanta erano ben otto comunità

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Domenica 15 settembre, con una celebrazione assai partecipata e carica di commozione, la comunità parrocchiale di Meano ha dato l’addio alle suore Poverelle, che lasciavano la parrocchia dopo ben 104 anni di presenza, spesi prima nell’Asilo infantile e poi a servizio degli anziani, nella Casa di Riposo. Nel mese di febbraio un’altra parrocchia, Seren del Grappa, aveva salutato le suore della stessa congregazione, che lasciavano definitivamente quella parrocchia, dopo 93 anni di presenza.

Alla fine degli anni Ottanta erano ben otto le comunità delle Poverelle dell’Istituto Palazzolo (questa la loro denominazione ufficiale) presenti nella nostra diocesi. Cinque di esse erano impegnate nella gestione della Scuola Materna parrocchiale a Cusighe, Castion, Sedico, Bribano e Seren del Grappa. Altre due comunità erano in servizio in case di riposo per anziani: Sedico e Meano. Infine una comunità si occupava dei vari servizi (cucina, guardaroba, pulizie) del Seminario vescovile di Feltre. Si noti che nella parrocchia di Sedico vi erano due comunità di religiose di questa congregazione.

La congregazione delle suore Poverelle venne fondata dal beato Luigi Maria Palazzolo nel 1869.

Ma prima di entrare nello specifico, vale la pena accennare brevemente che nell’Ottocento la Chiesa cattolica da un lato bersaglio dell’ostilità del mondo intellettuale agnostico e della classe politica anticlericale e dall’altro poco capace essa stessa di conciliarsi con il mondo moderno, si sentiva come una cittadella assediata. In questo contesto, ampi strati della Chiesa svilupparono una notevole sensibilità verso i problemi sociali presentati dalla industrializzazione e furono attivi impegnandosi in tre settori: la stampa, l’associazionismo e la nascita di nuovi istituti religiosi dediti alla cura di ammalati o alla educazione della gioventù. Basti ricordare che nel corso dell’Ottocento in tutte le diocesi del Veneto vi furono sacerdoti che fondarono nuove congregazioni religiose; unica eccezione furono le nostre due diocesi di Belluno e di Feltre.

Luigi Maria Palazzolo, nato a Bergamo il 10 dicembre 1827, venne ordinato sacerdote a 23 anni e si dedicò immediatamente ad aggregare ed educare i giovani della città appartenenti a famiglie povere. Ispirandosi a san Filippo Neri aprì per essi un oratorio in via Foppa, ove li educava con attività ludiche e le recite teatrali e li istruiva religiosamente; in quella stessa sede organizzò anche le scuole serali, per far sì che adulti analfabeti imparassero a leggere e scrivere.

Dopo anni che questa attività prosperava, nel 1864 fondò un uguale oratorio per la gioventù femminile: la Pia Opera di santa Dorotea. Nel 1869 per provvedere a quest’attività, ma non solo, fondò la comunità delle Suore delle Poverelle insieme a Madre Teresa Gabrieli, che fu la prima superiora. La definitiva approvazione da parte del vescovo di Bergamo, Camillo Guindani, arrivò nel 1886, e infine l’istituto divenne di diritto pontificio nel 1912.

L’attività delle prime religiose, nel corso degli anni Settanta, era circoscritta ai rioni popolari di Bergamo e consisteva principalmente nell’offrire l’istruzione catechistica e l’insegnamento elementare alle ragazze. Ben presto si aggiunsero attività spirituali e sociali: corsi di esercizi spirituali per donne operaie, accogliere e crescere orfani, prestare assistenza notturna a domicilio ai malati poveri, educare in un asilo i bambini, gestire le cucine di beneficienza per i poveri della città, curare gli ammalati contagiosi.

Lo scopo della comunità religiosa era insomma di occuparsi dei più poveri e dimenticati della società. Diceva il Palazzolo: «Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, perché dove altri provvede, lo fa certamente meglio di come io potrei fare».

Basterebbe leggere il grande scrittore dell’Ottocento inglese Charles Dickens, per avere una testimonianza vivace di come la società industrializzata producesse quella che papa Francesco ha definito assai bene «la cultura dello scarto». Chi non era in grado di produrre, chi si infortunava sul lavoro, chi non aveva più forze dopo esser stato sfruttato per anni nella fatica veniva lasciato ai margini della società.
Nelle comunità di Poverelle, che via via si diffondevano si andò allargando il ventaglio di attività caritative messe in campo: asili infantili, scuole elementari, assistenza in ricoveri per anziani e in ospedali, case di accoglienza per sfrattati e per madri nubili.

Nel 1926 alle poverelle fu affidata l’assistenza delle donne detenute nel carcere di Bergamo; nel 1931 iniziò l’assistenza agli emigranti italiani in Francia, in Belgio e Lussemburgo. Nel 1938 la congregazione aprì a Milano un ospedale per l’accoglienza di ammalati cronici con la capienza di duemila posti letto. A partire dal 1952 le religiose allargarono la loro attività al campo missionario aprendo delle comunità nell’Africa centrale.

Uno storico francese ha affermato, a ragione, che la storia più bella che si possa scrivere è la storia della carità, ma essa è anche la più difficile da ricostruire; infatti i sofferenti e i poveri in vita non hanno mai avuto voce e nella storia non lasciano traccia.

don Claudio Centa