Nella precedente puntata abbiamo lasciato Francesca Cabrini trentenne, quando nel 1880 fondò una congregazione di suore missionarie desiderosa di dedicarsi all’evangelizzazione in Cina.
Ma a congiungere queste suore ai bisogni dei migranti italiani fu provvidenziale l’incontro con il vescovo di Piacenza Giovanni Battista Scalabrini. Costui si era interessato da tempo della situazione degli emigranti italiani in America ed aveva fondato un istituto religioso maschile che si occupava della loro assistenza spirituale. Scalabrini cercò di far cambiare idea a Francesca circa il settore di attività pastorale della sua congregazione, descrivendole la sorte miserevole nella quale versavano i lavoratori italiani emigrati negli USA.
Lo stesso Leone XIII si era interessato alla situazione degli emigranti italiani negli USA e aveva richiamato la responsabilità pastorale dei vescovi americani. Francesca rimase impressionata e decise di rimettersi alle decisioni del papa. Ricevuta in udienza, si sentì dire da Leone XIII: «non in Oriente ma in Occidente, la vostra Cina sono gli Stati Uniti».
Accompagnata da sette consorelle, s’imbarcò per gli USA all’inizio del 1889: era il primo di una sequela numerosa di traversate dell’Atlantico. Giunsero a New York sul finire del mese di marzo. Ad attender le suore doveva esserci l’arcivescovo e una ricca americana che aveva sposato un italiano affermatosi a New York, raggiungendo niente meno che il ruolo di direttore del Metropolitan Museum. Ma dal momento che il prelato e la ricca benefattrice avevano litigato sullo scopo della presenza delle suore italiane, nessuno dei due andò ad accoglierle al molo.
Fradice di pioggia, le suore trovarono sistemazione per la notte in una locanda presso il quartiere cinese. Il giorno seguente l’arcivescovo disse alla Cabrini che se ne tornasse in Italia, al che ella oppose un netto rifiuto. Nelle settimane che seguirono riuscì, grazie all’aiuto della ricca americana, ad aprire un orfanotrofio per ragazze.
L’arcivescovo si decise finalmente a valorizzare le suore e per suo mandato organizzarono una scuola per i ragazzi italiani. La sistemazione era di fortuna. Prima ancora che insegnare i primi rudimenti del sapere, le suore insegnavano ai ragazzi a pulirsi e pettinarsi. Percorrevano le viuzze dei quartieri italiani per convincere quei genitori che erano restii a mandare i figli alla scuola.
Le suore attraversavano in lungo e in largo la metropoli, anche alla ricerca di aiuti finanziari. Muovendosi con cordialità, si fecero apprezzare anche dove era forte il pregiudizio anti-italiano. Un ebreo tedesco, che di professione era falegname, fece loro dono dei mobili necessari per l’orfanotrofio.
Nel luglio di quello stesso anno, Francesca e le sue suore organizzarono una processione formata dai ragazzi della scuola e dalle ragazze dell’orfanotrofio: erano 350 tra bambini e bambine. Erano divisi in gruppi con gli stendardi raffiguranti diversi santi italiani. Il corteo provocò la meraviglia di coloro che erano abituati a considerare i ragazzi italiani dei piccoli monelli sporchi e irrecuperabili. Si cominciava così ad abbattere qualche pregiudizio.
In quello stesso anno Francesca tornò in Italia, per organizzare meglio il noviziato nella casa centrale di Roma: infatti l’Istituto Religioso stava attirando numerose vocazioni.
Mentre si trovava a Roma in quello scorcio del 1889, venne raggiunta dalla notizia che i Gesuiti americani avrebbero venduto una tenuta estesa sulle sponde del fiume Hudson. Rientrò in America e acquistò il terreno, non disponendo ancora dell’intera cifra. Grazie alla generosità di molti benefattori, riuscì a costruire un edificio che accoglieva la casa di formazione per le sue suore e un ospizio per ragazze ammalate di tisi.
Quel viaggio del 1889 costituì il primo di una lunga serie di traversate atlantiche, l’ultima delle quali avvenuta nel 1912. Molti furono anche i viaggi per terra che affrontò nonostante la sua gracile costituzione. Quasi epico il viaggio da New York a Buenos Aires a fine Ottocento: parte per mare, parte per terra su treno, mentre affrontò la traversata della cordigliera delle Ande a dorso di mulo.
Le attività avevano ormai messo buone radici a New York e così Francesca pensò di volgersi verso gli Stati Uniti Meridionali: Virginia, Louisiana, Carolina.
In quegli stati emigravano molti italiani in cerca di lavoro; il trattamento che trovavano era molto duro. Infatti incontravano gente abituata all’odio razziale; era vero che la schiavitù era stata abolita trent’anni prima, ma le forma mentali non cessano per decreto. Tra gli italiani i siciliani non stavano con le mani in mano e reagivano all’odio razziale organizzandosi in cosche mafiose, tese a controllare i traffici commerciali.
In questo clima accadde un fatto che fece emergere in forma grave l’odio degli statunitensi verso gli italiani, ma di cosa si trattò lo vedremo nella prossima puntata.
don Claudio Centa
(2-continua)