Ufficio di pastorale dell’educazione e della scuola

L’ora di religione per educare alla speranza

Lettera dei Vescovi sulla scelta di avvalersi dell’Insegnamento della religione nel prossimo anno scolastico

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IRC un acronimo che torna spesso negli ultimi mesi sulla carta stampata e sui social, suscitando dibattito. Insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole, che qualche docente presenta ai ragazzi riprendendo le iniziali di “Impegno, Rispetto, Collaborazione”, per avviare l’ora di lezione ed evidenziare il suo apporto culturale e valoriale.

Martedì 21 gennaio si aprono le iscrizioni al nuovo anno scolastico 2025-26, che termineranno il 10 febbraio. Periodo delicato, di riflessione e di valutazioni per studenti e genitori, chiamati anche a scegliere se avvalersi o meno dell’Irc, materia facoltativa che è assicurata dallo Stato in tutte le Scuole e fa parte del curricolo di ogni ciclo scolastico.

Nel pluralismo religioso

L’Ora di Religione cattolica in una situazione di pluralismo religioso e in un mondo che evidenzia dinamiche di ricerca spirituale “imprevedibili”, secondo diversi esperti ed anche Vescovi, va rivisitata e ripensata. Nella scuola il fenomeno religioso “non va taciuto, ma conosciuto e accolto come fattore capace di generare umanità e di costruire legami fraterni” (vescovo Olivero).

Le questioni aperte, a quarant’anni dalla revisione concordataria (1984) che ha reso facoltativo l’Irc, contemplano anche la possibilità di una disciplina del fenomeno religioso in chiave plurale, per aiutare gli studenti a diventare cittadini capaci di comprendere meglio questo nostro tempo, la società odierna in cambiamento.

Il docente formatore Luciano Pace, relatore al Convegno annuale organizzato dal nostro ufficio Scuola del settembre scorso, scrive: “se ancora molti studenti scelgono questa materia, potendo in alternativa decidere anche di uscire da scuola, significa che in un qualche modo appare ai loro occhi significativo e, realisticamente, questo dipende soprattutto dallo stile con cui viene insegnato”.

Lo scrittore e teologo Brunetto Salvarani, autore di diversi testi per l’Irc, ha dialogato qualche giorno fa a Belluno con studenti delle superiori affermando con forza: “solo una scuola che favorisca e promuova il dialogo interreligioso e interculturale sarà in grado di contribuire a rafforzare il fondamento della civiltà e della convivenza sociale”.

In un clima di rispetto, libertà, dialogo

La Presidenza della CEI rivolgendosi ai ragazzi e ai genitori alle prese con le iscrizioni ai primi anni scolastici ha inviato un messaggio per invitare ad accogliere la possibilità dell’Irc nel percorso formativo, grazie alla quale «entrano importanti elementi etici e culturali, insieme alle domande di senso che accompagnano la crescita individuale e la vita del mondo. Il tutto, in un clima di rispetto e di libertà, di approfondimento e di dialogo costruttivo».

Forte il richiamo all’anno del Giubileo del 2025, che muove in questi giorni i primi passi, e al tema “pellegrini di speranza” voluto da Papa Francesco. Evento dai significati non solo religiosi, ma anche culturali e sociali. Il messaggio di Cristo – afferma il testo – è rivolto all’uomo di oggi ed ha inciso in passato nella storia e nella cultura. «Il Giubileo è tra le altre cose sinonimo di riconciliazione, di pace, di dignità umana, di giustizia, di salvaguardia del creato, beni essenziali di cui sentiamo un urgente bisogno».

La speranza provoca la scuola

«Il tema della speranza – scrivono i Vescovi –  provoca in modo speciale il mondo dell’educazione e della scuola, luoghi in cui prendono forma le coscienze e gli orientamenti di vita e si pongono le basi delle future responsabilità. Quale speranza dà senso all’esistenza? Dove è possibile riconoscere e trovare ragioni di vita e di speranza? E ancora, prendendo a prestito le parole di Papa Francesco, come sostenere la necessità di «un’alleanza sociale per la speranza, che sia inclusiva e non ideologica, e lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine»? Sono domande a cui la scuola non può essere estranea e alle quali dà spazio l’insegnamento della religione cattolica».

Gli insegnanti testimoni di speranza

«Testimoni di speranza sono infatti i docenti di religione, che uniscono alla competenza professionale l’attenzione ai singoli alunni e alle loro domande più profonde». E proprio ai docenti viene espressa dai Vescovi italiani gratitudine, perché offrono ragioni di speranza e accompagnano bambini e giovani nella loro crescita a «scoprire la bellezza e il senso della vita, senza cedere alle tentazioni dell’individualismo e della rassegnazione, che soffocano il cuore e spengono i sogni».

Paola Barattin