Abbiamo visto che, fin dal 1300, ad ogni anno santo si riversava su Roma un numero notevole di pellegrini. Come venivano affrontati i problemi della loro accoglienza? Durante il giubileo del 1300 l’approvvigionamento di cibo non rappresentò alcun problema visto che il 1299 e il 1300 erano stati anni di buon raccolto. Nel giubileo seguente invece i Romani seppero approfittare dell’occasione per fare affari d’oro e ci fu un ragguardevole innalzamento dei prezzi per le derrate alimentari. A tal proposito, il cronista fiorentino Matteo Villani ci riferisce: «I Romani per guadagnare disordinatamente, potendo lasciare avere abbondanza e buon mercato d’ogni cosa da vivere ai romei, mantennero carestia di pane, e di vino e di carne tutto l’anno, facendo divieto che i mercanti non vi conducessero vino forestiero, né grano, né biada, per vendere più cara la loro…».
Ma il più grande problema, tanto del primo che dei seguenti giubilei, era costituito dall’offrire alloggio ai pellegrini. A tal proposito bisogna fare una distinzione importante tra le scholae, vale a dire ospizi nazionali che offrivano accoglienza gratuita a pellegrini poveri e i locali che gestivano l’ospitalità a pagamento. In questa puntata dei rapidi cenni su questi ultimi.
A Roma nel 1300 esistevano soltanto quattro alberghi con insegna, si trovavano in Campo de’ Fiori e presso il Vaticano ed erano tenuti da “albergatrici”. Le osterie non mancavano ma in queste si poteva appunto soltanto mangiare e bere ma non vi erano letti per dormire. Perciò, come ci informa il già ricordato Matteo Villani, «i Romani tutti erano fatti albergatori», mettendo a disposizione le loro camere a prezzi esorbitanti.
La corsa all’accoglienza negli alberghi faceva sì che si trovassero a dormire, cosa comunque non straordinaria per l’epoca, quattro cinque persone nello stesso letto. I letti erano costituiti da sacconi pieni di paglia stesi sulle delle assi sostenute da cavalletti, era diffuso ormai l’uso di coperte e lenzuola, molto meno quello dei vetri alle finestre. Molto comune era nei mesi primaverili dormire nelle strade, ma d’estate gli insetti e la conseguente possibilità di contrarre malattie lo sconsigliava.
Con l’andar del tempo il numero degli alberghi andò aumentando. Un censimento del 1526, quindi poco dopo l’anno santo celebrato da Clemente VII e un anno prima del terribile Sacco di Roma perpetrato dalle truppe imperiali, esistevano in Roma 236 esercizi con insegna tra osterie, taverne e alberghi e questi ultimi ammontavano a 63.
Ma questo sistema ricettivo stabile era insufficiente per accogliere i tanti pellegrini che si riversavano in città. Tanto più che i singoli pellegrini dovevano dimorare in Roma per almeno 15 giorni al fine di svolgere le visite continue alle basiliche al fine di ottenere l’indulgenza plenaria. Ecco allora che si sbizzarriva l’intraprendenza dei cittadini romani a metter a disposizione una o due camere della propria abitazione dietro compenso. Il romano Paolo dello Mastro, che viveva nel Rione Ponte, cioè sulla riva sinistra del Tevere, di fronte Castel Sant’Angelo e quindi assai vicino alla basilica vaticana, in occasione dell’anno santo 1450 scrive: «ogni casa era albergo e non bastava».
Per far in modo che il giubileo non si trasformasse per i Romani in un’occasione per spennare i pellegrini, Gregorio XIII emanò dei mirati decreti che stabilivano il prezzo degli affitti, e stabilì un listino ufficiale dei prezzi al quale gli osti e gli albergatori si dovevano attenere. In vista del giubileo del 1600 Clemente VIII istituì due commissioni cardinalizie una doveva curare gli aspetti spirituali e celebrativi del giubileo, l’altra doveva preoccuparsi degli aspetti materiali. Fu così che questa commissione istituì presso S. Pietro un apposito ospizio per i sacerdoti che venivano pellegrini e Roma, e altri ne vennero aperti per i fedeli. Circostanza notevole: in questa occasione gli Ebrei di Roma fecero dono al Papa di 500 pagliericci ed altrettante coperte. Ma qui già entriamo nel campo dell’accoglienza gratuita, di cui sapremo meglio nella prossima puntata.
don Claudio Centa
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Nell’immagine – Hans Burgkmair il Vecchio, Ciclo delle Basiliche Romane: Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, particolare del pannello centrale: Pellegrini a Roma, 1504, Augusta, Bayerische Staatsgemäldesammlungen. (Foto da facebook)