NOTIZIE – È uscito “Notizie” (33), con le testimonianze dei nostri missionari non più giovani

Per 32 anni missionario nel Nordest del Brasile

«Guardo al futuro con quella serenità che non si lascia imbrigliare dal passato, ma passa con gioia il testimone»

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L’équipe del nostro Ufficio Missionario ha pensato di dedicare il suo periodico “Notizie” (numero 33) all’esperienza dei nostri missionari non più giovani, alla “sera” del loro vissuto umano, spirituale e missionario. Tra le altre testimonianze che appaiono su “Notizie”, riportiamo una parte di uno scritto di don Luigi Canal, già missionario in Brasile e da qualche anno direttore del nostro Ufficio diocesano di pastorale della Missione (già “Centro Missionario”).

Missionario in Brasile
Scrive don Luigi Canal: «Sono stato per 32 anni missionario Fidei-donum nel Nordest del Brasile e da 15 anni sono rientrato nella mia chiesa di origine: Belluno-Feltre.
Molte volte il mio cuore e il mio sguardo sono ritornati agli anni trascorsi in Brasile, rivisitando nella memoria situazioni, eventi, volti, frutti, fatiche e stanchezze… cercando di scoprirne i significati e i misteri nascosti in questa grande Giornata, dono del Signore e della mia chiesa.
È come quando si raggiunge la meta di una montagna: stanco ma contento, ti volti a contemplare il percorso fatto: asperità superate, rischi sfiorati, sentieri smarriti e ritrovati, soste rinfrancanti, altri camminatori incontrati, varietà di panorami svelati… è come ripercorrere il viaggio un’altra volta, potendo dire: “Dura, ma ce l’ho fatta!”
Mi pare di poter riassumere il tempo della missione in tre periodi, o tre “decadi”».

In Bahia (1973 – 1984)
 «La prima decade (1973 – ‘84) l’ho passata nel semi-arido della Bahia, condividendo con i contadini le difficoltà delle periodiche siccità e della conseguente migrazione verso San Paolo. La spinta del ‘68 (sociale ed ecclesiale, grazie al Concilio Vaticano II e a Medellin) imponeva come priorità l’impegno per la liberazione dei poveri dall’ingiustizia e dallo sfruttamento. Era urgente preparare una nuova coscienza e organizzazione dei poveri e per questo ci si dedicava preferibilmente ai poveri “più scaltri, più efficienti” e devo riconoscere con rammarico di essere stato meno attento alle situazioni di povertà inoperosa, oggi diremo “agli scarti della società”. Era un gran servizio al Regno di Dio e di fatto si partiva sempre dal Vangelo e da Gesù Cristo, ma non sempre si approdava a Gesù Cristo, che alle volte rimaneva una figura appannata, preoccupati per il risultato sociale. Oggi darei più attenzione anche a questi “scarti” sociali sui quali Cristo Abbandonato ha richiamato la mia attenzione, grazie soprattutto alla spiritualità del Prado».

In Alagoas (1984 – 1993)
«La seconda decade (1984 – ‘93) l’ho vissuta in Alagoas fra i tagliatori di canna da zucchero: una realtà sociale ancora più squallida perché trattati come schiavi, dove la classe patronale disponeva di vita e di morte su uomini, donne e bambini. Abbiamo lavorato tanto per la difesa dei diritti negati a questi poveri, contro la violenza consumata su di loro e poi riversata su di noi. Qui il Cristo della flagellazione e della corona di spine era più presente nella nostra coscienza e ci siamo prodigati per un cammino di Risurrezione di questo popolo. Ma per una trasformazione vera ci sarebbe stato bisogno anche della collaborazione della classe patronale, alla quale non abbiamo mai dedicato un vero dialogo di conversione, ricevendone in cambio persecuzioni».

Nelle città della Bahia (1994 – 2004)
«La terza decade (1994 – 2004), ritornando in Bahia, l’ho vissuta nelle periferie di grosse città (Santo Antonio de Jesus e Salvador), guidato sempre dalla “scelta evangelica per i più poveri”.  Qui è stato determinante un fatto molto doloroso che però ha prodotto un segno di conversione nella comunità cristiana: lo scoppio di una fabbrica di fuochi di artificio che ha causato la morte di 64 persone, lasciando 58 orfani. Per diversi anni tutta la pastorale della Parrocchia si è voltata a curare le ferite della carne di Gesù Cristo nella carne di queste vittime: una chiesa in uscita che non ha avuto paura di sporcarsi mani e piedi… E questo ha trasformato la corona di spine in corona di gloria per la nostra comunità!»

Il rientro in diocesi
«Da 15 anni sono rientrato in servizio alla mia chiesa di origine e, oltre al servizio nel Centro Missionario, ho occupato sempre ruoli in parrocchie bisognose di “rialzarsi” da qualche difficoltà: non più i numeri generosi del Brasile, ma alle volte piccoli deserti…
Ora, su questa lunga Giornata, sta calando la sera e sto cercando di viverla alla luce dell’ultima sera di Gesù (Gv.13), che “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Dopo aver “lavato i piedi” ai miei fratelli e sorelle per tanti anni (e continuando a farlo), sento il bisogno di vedere cosa di “Eucaristia” c’è in quest’ora della mia vita»…

“Alla sera della vita”
Il testo di don Luigi Canal – che non si ferma qui e il cui seguito sarà riportato su “L’amico del popolo” a breve – è una delle varie testimonianze riportate sul Notiziario “Alla sera della vita”. Parleranno anche monsignor Virgilio Pante (vescovo missionario in Kenya), suor Maria Dionella Faoro (in Patagonia – Argentina), padre Giuseppe Detomaso (in Etiopia), suor Mariangela D’Incà (attualmente in Italia), padre Raimondo Sommacal (attualmente a Parma),  suor Lea Zandonella (attualmente a Verona),  padre Aldo Trento (in Paraguay), suor Agnese Grones (in Pakistan), Mario Bottegal (volontario bellunese), Franca Giansoldati, Shahbaz Bhatti e padre Christian de Chergé.
Precisa don Moreno Baldo, delegato vescovile della nostra diocesi per il clero anziano, nell’introduzione di “Notizie” 33: «La vita di ciascuno di noi trova il suo compiersi alla sera… così anche la vita dei nostri missionari donne e uomini. Una vita che nella sera si ritrova piena di giorni, di incontri, di volti, di opere…»

Edieffe