A cura di don Sandro De Gasperi (2ª domenica del tempo ordinario - anno C)

Qualsiasi cosa vi dica, fatela

Gesù ridarà sapore alla nostra vita, porterà la festa per le vie silenziose dei nostri paesi

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Un negozio di alimentari, l’ambulatorio medico, il benzinaio, l’edicola, un bar, la chiesa, una libreria e una biblioteca, possibilmente un negozio di abbigliamento. Meglio se non mancano anche un negozio di ferramenta che vende anche casalinghi e, almeno, il negozio di scarpe. Ci accorgiamo, se ci riflettiamo un attimo che, per la vita di tutti i giorni, sono richieste tante competenze e che la chiusura di un negozio – esperienza purtroppo frequente nei nostri paesi di montagna, anche se non manca qualche segno di speranza – impoverisce il tessuto fragile e prezioso delle nostre comunità.

La Chiesa è un organismo vivo: ce lo testimoniano le forme variegate che ha assunto nel corso dei secoli e dei millenni, dialogando con situazioni, luoghi e culture diverse. Anche le sfide di questi anni – in primis, il Cammino Sinodale, che stiamo percorrendo con tutte le Chiese locali del mondo – ce lo attestano inequivocabilmente. C’è bisogno di tante competenze, di tante abilità, di tanti talenti.

San Paolo scrive alla comunità di Corinto: non è una comunità molto diversa dalle nostre, che, anzi (forse!) sono qualche passetto più avanti. Era una comunità divisa, lacerata da fazioni, personalismi e simpatie, profondamente polarizzata tra ricchi spreconi e poveri affamati. Nessuno, afferma San Paolo, può dirsi estraneo alla vita della Chiesa: riguarda tutti. Tutti possono contribuire. Tutti possono portare qualcosa, poco o tanto non importa: questo non è una decisione che viene da noi o l’intuizione pur illuminata di un Papa o di un Vescovo.

«A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune»: è lo Spirito Santo la sorgente dei doni, delle capacità, dei “carismi” di ognuno di noi. È lo Spirito Santo che anima la Chiesa, distribuendo a ciascuno secondo la Sua insondabile e benefica volontà. È in questa abbondanza di doni diversi che si manifesta la bellezza di un Dio che ci fa popolo, che ci riunisce nella nostra diversità e ci consente di metterci a servizio gli uni degli altri.

Spesso, però, anche nel cammino delle nostre comunità cristiane sembra che non ci sia più vino. Il pessimismo, la lamentela, la considerazione che “non è più come una volta, come abbiamo sempre fatto” prendono il posto di quella festa che dovrebbe essere la vita di chi si lascia conquistare dalla bellezza del Vangelo. Sembra, a volte, che dubitiamo che lo Spirito Santo ci abbia lasciati soli, che sia andato altrove, che ci abbia lasciato senza quei carismi e quei talenti di cui abbiamo bisogno.

Non è certamente così: sullo sfondo della profezia di Isaia che abbiamo ascoltato sta la promessa di uno sposalizio che diventa la situazione concreta in cui si svolge la pagina di Giovanni che ci accompagna in questa domenica. Le nozze sono l’inizio di un nuovo cammino insieme, il primo passo per costruire qualcosa di nuovo, il grembo fecondo in cui è possibile generare ancora la vita. «Qualsiasi cosa vi dica, fatela»: l’invito di Maria oggi risuona per le nostre parrocchie, per la nostra Chiesa diocesana, per ciascuno e ciascuna di noi.

Attingiamo all’acqua che abbiamo, senza paura e senza vergogna: condividiamo il nostro tempo, le nostre capacità, la nostra fantasia, i nostri sogni, il carisma che lo Spirito ha dato a noi e a nessun altro. Sarà Gesù, ancora, di nuovo, a ridare sapore alla nostra vita, a portare la festa per le vie silenziose dei nostri paesi. Sarà Gesù a trasformare l’acqua in vino. Non in un vino già assaporato, annacquato o di bassa qualità: nel vino buono della festa, della gioia.