Il filo rosso delle letture di questa domenica si può vedere nella figura del profeta, è un personaggio che caratterizza tutte e tre le letture: Ezechiele è un profeta in senso classico, Paolo ci mostra la profezia nella sua vita, Gesù è un profeta incompreso dai suoi compaesani.
È facile accostare Ezechiele e Gesù, perché entrambi vivono la difficoltà della durezza degli orecchi degli ascoltatori, ma sono profeti e parlano di Dio agli uomini per scaldare i loro cuori, hanno la missione di trasmettere quello che hanno sentito e non si fanno intimorire dalle sconfitte: la voce di Dio ha acceso il loro cuore e nessuno può fermare il loro annuncio. I concittadini di Gesù provano in maniera spudorata a rendere vano il suo annuncio, nelle sue origini e nella sua famiglia non c’è niente che faccia ben sperare, sanno tutto di lui, forse per qualcuno quel “falegname” che parla così bene è una luce nell’oscurità per altri sembra impossibile che proprio quel “falegname” possa mostrare Dio agli uomini, è una delusione – per loro – vedere la rivelazione di Dio in una persona così familiare…
Gli uomini cercano sempre segni nel cielo e sulla terra, ma non sono in grado di rilevare i semplici segni quotidiani. Occorre invece cogliere ogni giorno, con sapienza, il silenzioso presente di Dio. E ciò è difficile.
«Per questo Gesù non viene riconosciuto a Nazareth dove la sua vita non esce dal quotidiano, il luogo della sofferenza e della monotonia non viene riconosciuto come luogo della presenza di Dio. Eppure, Nazareth, l’esistenza anonima, la filigrana ordinaria della vita, nella zona decisiva dell’accettazione o del rifiuto di Cristo anche per noi» (S. Fausti).
Dio si rivela in un brano di storia che è la storia di Gesù di Nazareth, la quale diventa segno efficace e presenza sacramentale della salvezza. E san Paolo fa un ulteriore passo avanti nella comprensione di Gesù: dove tutto sembra finire, dove il dolore prende il sopravvento, come sperimenta lui stesso nella sua carne, come sperimentiamo anche noi, lì c’è Dio ad aspettarci. Paolo sembra proprio sconfortato, non riesce ad essere un annunciatore valido della Parola, eppure la sua opera continua, la voce di Dio che annuncia non arresta la sua corsa; può affermare con fede serena e schietta: Quando sono debole è allora che sono forte! Non è più uno sforzo umano, un’azione umana, ma è forza di Dio. La nostra testimonianza, la nostra profezia è sostenuta e accompagnata da Dio in ogni situazione: il nostro agire è azione di Dio, e non importa quale sia la nostra condizione di partenza. La nostra fede è espressione della vicinanza di Dio nella nostra vita, lui accompagna e costudisce i nostri passi.
Rimangono poi le domande che si fanno i presenti, fanno molto riflettere e chiedono una risposta sincera.
Sono domande che escono da molte labbra e molti cuori e che in fondo ci sono anche nei nostri. Perché le ragioni per non credere ci sono, ed è ingenuo e inutile considerarle come delle scuse senza fondamento.
Ma, nonostante questo, possiamo ancora scegliere di credere nel Dio di Gesù Cristo, con quell’atto grande di libertà e di fiducia che sta al centro dell’agire umano.
A me, a te, a ciascuno di noi la scelta se fidarsi, anche senza prove certe, di Gesù, della sua Parola, del suo Amore fino alla fine, della sua promessa di Vita.
Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto.