A cura don Andrea Canal (19ª domenica del tempo ordinario - Anno B)

Se non mangi lungo la strada, non arrivi alla meta

Ora abbiamo accesso al “pane del cielo” di cui conosciamo l’origine, che non si rovina, non sparisce

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La regola d’oro per ogni pellegrino – di ogni epoca e verso tutti i luoghi santi – è: se non mangi lungo la strada, non arrivi alla meta. È necessario e vitale questo sostegno: lo sa bene, Elia, lo sa anche Mosè nel deserto, Gesù in Galilea e noi nel 2024.

Questo capitolo 6 del vangelo di Giovanni è un continuo approfondimento: prima ci mostra l’unità di misura di Dio nel prendersi cura di noi, poi l’origine di questo cibo e oggi ci mostra la meta del pellegrinaggio.

È molto chiaro l’abbandono che vive il profeta Elia: ha già deciso che è giunto alla fine del cammino e della sua missione, nessuno può più fargli cambiare idea; invece, in sogno gli viene consegnato il pane del cammino, «il pan di via», direbbe Tolkien. Con la forza di quel pane cammina ancora per 40 giorni e arriva alla meta del monte Oreb.

Mosè nel deserto trova la manna, dono di Dio, e cammina fino alla terra promessa, arriva alla fine del suo pellegrinaggio e vede realizzata la promessa che gli era stata fatta.

Gesù si trova ad alzare il tiro ancora un po’, non è più sufficiente l’esempio di Mosè, si può andare oltre quella pagina di storia della salvezza e vedere il quadro nella forma più ampia: quel pane dà la vita eterna.

In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

Ecco la novità: la manna nel deserto si consumava e deperiva per chi ne prendeva più del fabbisogno quotidiano, con c’era modo di conservarla, era la giusta dose per un pezzo del cammino. Ora abbiamo accesso al “pane del cielo” di cui conosciamo l’origine, che non si rovina, non sparisce e non segue le leggi del deperimento naturale. Questo avviene perché l’origine del pane è relazione tra il Padre e il Figlio e da quella attingiamo vita.

«Gesù stesso è pane vivo, che trasmette la vita a chiunque lo mangi: “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (v. 51). La fede in lui, l’adesione a lui come a “pane vivo disceso dal cielo” introduce nella vita, perché introduce nella relazione che unisce il Padre al Figlio» (Sabino Chialà).

Conosce e vivere questa relazione ci dà accesso alla vita eterna, è un cambio di prospettiva non indifferente perché cambia i parametri vitali e ci introduce in una nuova rappresentazione del tempo. Non dobbiamo più controllare la data di scadenza del pane, non dobbiamo preoccuparci solo del pane che mangiamo oggi, possiamo pensare al pane che Vita, alla vita eterna che ci aspetta perché viviamo nella relazione con il Padre e il Figlio. Sembra tutto molto astratto, ma questa conclusione prende origine dalla moltiplicazione del pane che abbiamo ascoltato due settimane fa: è come un sasso gettato nel lago le cui onde si propagano sempre più ampie: da quella moltiplicazione noi troviamo nutrimento, da questo pane traiamo energia per la vita.