Forte come la morte è l’amore!

Omelia nella Domenica di Risurrezione - Concattedrale di Feltre
21-04-2019

At 10,34a.37-43; Sl 117(118); Col 3,1-4; Gv 20,1-9

Otto giorni fa il racconto della Passione ci ha condotti al gesto delicato e commovente di Giuseppe d’Arimatea «che non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri». Così ce l’ha presentato l’evangelista Luca, segnalando inoltre due tratti di lui: «buono e giusto».

Nel racconto che continua – proclamato nella veglia di questa notte – c’è un gruppo di donne (fra esse: Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo) che si reca al sepolcro al mattino presto. Hanno semplicemente degli aromi da portare per concludere la sistemazione del corpo di Gesù nel sepolcro. Possiamo immaginare che ritenessero tale luogo la dimora definitiva del corpo. L’evangelista Giovanni ci informa su Maria di Magdala e la vede giungere da sola al sepolcro. Lei sembra desiderare di tornare al luogo del seppellimento di Gesù, a cui era molto legata.

Nel racconto appena proclamato non abbiamo spiegazioni e motivazioni: esso appare molto sobrio.

Colpiscono, invece, questi gesti così umani, lasciati a persone di secondo piano. Gli apostoli sono nascosti, ammutoliti e sembrano “fuori gioco”.

La Liturgia odierna ci ha offerto nella prima lettura, presa dagli Atti degli Apostoli, il racconto dell’annuncio che Pietro fa al centurione Cornelio che l’aveva cercato e mandato a chiamare. Siamo a Cesarea, fuori Gerusalemme, qualche tempo dopo i fatti che ci racconta il Vangelo appena proclamato.

La seconda lettura è molto posteriore, sono trascorsi più di dieci anni dagli eventi raccontati.

Oggi la Liturgia, invece, ci fa indugiare nei primi istanti di quel primo giorno della settimana, dopo la sepoltura del corpo di Gesù. Sembra introdurci con gradualità al mistero della Pasqua. Il racconto dell’incontro di Maria di Magdala con lo sconosciuto giardiniere viene trattenuto e proclamato nei prossimi giorni. Ora, invece, respiriamo l’imbarazzo di quelle prime ore del nuovo giorno.

Potremmo riconoscere in questo smarrimento un filo sottile, marginale e delicato, che collega la vicenda di Gesù e dei discepoli. È un legame che non molla. In esso è inciso quanto nel Cantico dei Cantici è enunciato: «Forte come la morte è l’amore!».

Ed ecco, con Gesù condannato e crocifisso succede l’inaudito: l’amore non si è spento, non è stato soppresso, ma si è fatto piccolo e penetrante fino ad entrare nel sepolcro dove avrebbe dovuto regnare la morte.

Nel buio più profondo Gesù raccoglie ogni fiamma d’amore, la alimenta, toglie le forze del male che potrebbero spegnerla. Con essa egli riaccende tutta quanta la vita e la storia, anche i luoghi più tenebrosi e più perduti.

Potremmo davvero cantare non solo che «forte come la morte è solo l’amore», ma ormai con il Vangelo della Risurrezione che «più forte della morte è stato l’amore vissuto da Gesù Cristo» (Enzo Bianchi).

È questo che noi cristiani dovremmo annunciare, con umiltà e discrezione, a tutti gli uomini e le donne. Abbiamo un annuncio disarmato, a volte poco convincente, come quello di Maria di Magdala che corre da Pietro e dall’altro discepolo per dire soltanto che «hanno portato via il Signore dal sepolcro». Come quello delle donne di cui parla l’evangelista Luca: «Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri», ma agli apostoli queste parole parvero «come un vaneggiamento», “soltanto una bella notizia”.

Oggi noi, in questa celebrazione annuale della Pasqua del Signore, sostenuti dalla testimonianza apostolica, possiamo riconoscere che il vero senso della risurrezione di Gesù va cercato nella sua vita umanissima, in come egli è vissuto. Con Gesù si apprende che «l’amore è in grado di combattere la morte, fino a vincerla». In lui l’amore è forte e vince, poiché «Dio è amore» come dirà l’apostolo Giovanni.

Possiamo sperare che a questa vittoria dell’amore tutti i nostri fratelli e sorelle in umanità siano interessati, anche chi non si sente di credere.

Il quarto evangelista fissando lo sguardo su Gesù innalzato sulla croce aveva commentato, ricordando la Scrittura: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».

Coraggio, in Cristo crocifisso e risorto, mostriamo anche noi la forza dell’amore!