Ha indicato la porta aperta di Cristo

Omelia nelle esequie di don Rinaldo Sommacal - Cattedrale
12-05-2025

At 11,1-18; dal Sal 41 (42); Gv 10,1-10

Questo ritorno di don Rinaldo nella sua Cattedrale che dal 1982 al 2016 ha frequentato e servito come parroco della medesima parrocchia – oltre che della parrocchia di Loreto – e come canonico e a cui è rimasto legato fino all’acuirsi del suo stato di salute, ci commuove. La sua statura e il suo portamento sono rappresentabili come una colonna portante di questo edificio. Ne è sempre rimasto appassionato e conoscitore profondo. La similitudine evangelica della «porta delle pecore» con cui Gesù ha fatto comprendere il suo ministero e la sua opera di salvezza è riflessa nel lungo, appassionato e creativo ministero di don Rinaldo. Gesù dice: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo […]. Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Molti di voi, del gregge a cui si è dedicato don Rinaldo come pastore gentile e autorevole, avete sperimentato la porta che è Gesù, tramite l’affetto pastorale, la saporosa e arricchente parola evangelizzatrice, l’intraprendente azione di carità, la solerzia sociale di don Rinaldo. A voi ha voluto indicare la porta aperta di Cristo. Con la sua vicinanza pastorale ha atteso per voi la vita per cui Gesù è venuto. Sì, don Rinaldo ve l’ha fatta conoscere e sperimentare come l’ha voluta donare Gesù: in abbondanza.

Dopo i primi anni di ministero e il suo servizio pastorale a Caviola la sua testimonianza e il suo ministero si sono incentrati qui a Belluno. È illuminante il racconto degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato poco fa. Narra l’aprirsi dell’annuncio della vita data in abbondanza da Cristo risorto. Non ci sono delimitazioni in Gesù. Il suo Spirito sconfina ovunque, vince le esitazioni e le titubanze che possono indugiare anche nel cuore dei discepoli. Pietro stesso è stato sollecitato da una parola liberante e portatrice della novità del Vangelo. A Pietro dal cielo giunge ripetutamente questa voce: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano». L’apostolo si lascia raggiungere e si consegna a tale voce. Pietro stesso lo testimonia: «Lo Spirito mi disse di andare […] senza esitazione […] ed entrammo in casa di quell’uomo». Si tratta di Cornelio che lo aveva mandato a chiamare. È la porta di Cristo che si apre e offre vita in abbondanza. Pietro, constatando il dono dello Spirito che lo aveva anticipato, così commenta: «Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato a noi, chi ero io per porre impedimento a Dio?».

Don Rinaldo ha portato nel suo cuore di uomo di Dio e di guida sapiente nella comunità cristiana questo aprirsi del dono di Dio. Come Pietro anche don Rinaldo, con questo annuncio liberante, è entrato nelle case, nelle storie di tante persone. Il “Cantiere della Provvidenza”, a cui si è votato, è vangelo di vita, di solidarietà, di dignità del lavoro, di amicizia sociale.

Abbiamo rivisto in questi giorni la drammatica foto che ritrae don Rinaldo, da giovane parroco di Caviola, sulle macerie umane, sociali e territoriali dovute al disastro del Vajont. Ricordo quando mi raccontò di aver raggiunto quei luoghi con il suo motociclo per conoscere, avvicinarsi e aiutare. Quel momento deve aver segnato per sempre la personalità di don Rinaldo, invocando lì la compassione di Dio che ha portato sempre nel suo animo.

Da parecchi mesi don Rinaldo ha vissuto in una condizione di infermità che non gli permetteva di essere autonomo nei movimenti, dapprima in ospedale a Belluno, poi definitivamente in Casa Kolbe a Pedavena. Eravamo tutti stupiti della serenità di spirito con cui don Rinaldo ha attraversato questo “cantiere di sofferenza”. Anche questo è diventato sorprendentemente un laboratorio di “vita in abbondanza” mostrata con il suo sorriso sempre offerto e con il suo sguardo benevolo; un laboratorio di parole che non avevano la consistenza della voce, ma che veicolavano un grande cuore. Grazie don Rinaldo!