Gn 28,11-18; Sal 83(84); Ap 21,1-5a; Gv 4,19-30.39-42
«Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: “Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo”. Ebbe timore e disse: “Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo”» (Gn 28,16-17).
Gesù, che portava in cuore «il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe» (Lc 20,27), ha rivisitato questo sogno di Giacobbe e lo ha fatto proprio per poi consegnarlo ai discepoli. A Natanaele, incontrato subito dopo Filippo, «disse: “In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo”» (Gv 1,51).
Abbiamo tutti un frammento di questo sogno. Ci sono luoghi, spazi, istanti, esperienze della nostra vita che, senza saperlo e calcolarlo, sono diventati «la casa di Dio […], la porta del cielo». Quando avviene, nel timore imbarazzato e tremante che ci coglie, ci è donata l’esperienza errante e mendicante degli “amici di Dio” che la Scrittura custodisce. Allora Giacobbe pronunciò per tutti noi che siamo ammutoliti ed esitanti: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». Pietro, quando con Giovanni e Giacomo salì sul monte condotto da Gesù, non resistette al sonno che l’opprimeva: ed ecco un frammento di luce e di grazia! Egli disse a Gesù: «È bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè, una per Elia». Attesta l’evangelista: «Egli non sapeva quello che diceva» (Lc 9,32-33).
Ero ragazzino e fui affascinato da una scritta posta sul frontone del Santuario della Madonna del Covolo a Crespano, mio paese natale. Era in latino, mi colpiva e attraeva anche se non ne conoscevo la traduzione che, poi, mi fu data: «Hic habitabo, quoniam elegi eam». È una citazione del salmo 132: «Qui abiterò, perché l’ho desiderato». Nel salmo si dice che «il Signore ha scelto Sion, l’ha voluta per sua residenza».
Non si può che essere intimoriti, se un luogo che raggiungiamo e che ci accoglie è stato scelto e abitato da Dio. È una verità che non è mai definitivamente compiuta e ci viene incontro in modo ineffabile. Anche noi come Giacobbe possiamo balbettare: «Il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo».
È una verità che tocca e accarezza il luogo che ognuno di noi rappresenta con la sua vita, la sua storia, i suoi smarrimenti, la sua ricerca: «Qui abiterò, perché l’ho desiderato».
Nell’estate del 2022 con un gruppo di giovani della nostra Chiesa di Belluno-Feltre si è fatto un pellegrinaggio in Terra Santa. Giunti a Cafarnao, abbiamo sostato nel percorso sopra gli scavi della casa di Pietro. Quanto timore e quanta emozione in quei minuti di silenzio contemplante del luogo dove Gesù aveva abitato, dove si era fatto incontrare, dove gli avevano portato tutti i malati del villaggio. L’evangelista Marco attesta: «Tutta la città era riunita davanti alla porta» (Mc 1,33).
Il sogno di Giacobbe non smette, è speranza per tutti: «Il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo».
Anche alla Samaritana è successo di raggiungere quel luogo a cui spesso si recava. Era il pozzo chiamato “di Giacobbe”. Vi andava per attingere acqua. Anche lei nel timore e nella sorpresa più grande è entrata nel sogno di Giacobbe: «Il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». Incrociando lo sguardo affabile di Gesù, dopo che Egli stesso le aveva chiesto da bere, gli domanda dove sia il luogo in cui adorare. Gesù le svela un luogo misterioso ma estremamente umano, scandalosamente compromesso con noi. Le dice: «Sono io, che parlo con te». Inevitabile quanto racconta l’evangelista: «La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?”. Uscirono dalla città e andavano da lui» (Gv 4,28-30).
Questa antica cattedrale, ora abbellita e adeguata liturgicamente, si dona a noi come il pozzo di Giacobbe ed offre il sogno, di cui essa è simbolo tra le nostre montagne, in cui Dio dice: «Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai». Non solo: «E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra».
Inoltre, nella Parola ascoltata da questo ambone, c’è anche una visione di futuro per tutti noi: «Vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio pronta come una sposa adorna per il suo sposo». Ne è piccolo segno luminoso il capocielo sopra questo nuovo altare. Ed ecco una voce di speranza ci dice: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro […]. Ecco io faccio nuove tutte le cose».
Portiamo nel cuore questa parola di speranza! Nel dedicare l’altare – realizzato con la pietra estratta dalla cava di Castellavazzo – sentiamo accarezzata, raggiunta dall’unzione dello Spirito e consacrata la nostra terra!