La comunità civile di Belluno e la comunità di fede della nostra Chiesa di Belluno-Feltre oggi rinnovano l’antico gesto di affidamento a San Martino di Tours. Chi ci ha preceduto, scegliendolo come “patrono”, ha ritenuto che la figura di questo santo interpretasse adeguatamente lo spirito e l’idealità propri di queste nostre comunità e della nostra storia.
Rivolgo a tutti un saluto di pace, unitamente all’augurio di saper attuare in modo originale lo spirito e lo stile di tale patrono. Oggi ci riconosciamo in un’origine che ci accomuna, che ci arreca fiducia e speranza, che ci riporta ai gesti generativi dell’amore, che induce alla festa.
Alle autorità civili e militari con le istituzioni e le realtà che rappresentano, alle associazioni qui convenute e operanti sul nostro territorio, la Chiesa di Belluno-Feltre promette ciò che le è proprio: il dono della preghiera.
Con tanta simpatia guardiamo ai giovani seminaristi che sono qui ad esprimere nel servizio liturgico la novità della loro formazione al ministero, iniziata oramai da due mesi. In questo impegno di formazione è nuova la condivisione tra le nostre tre Chiese di Belluno-Feltre, di Bolzano-Bressanone e di Trento. Il nostro grazie e il nostro incoraggiamento giungano specialmente a d. Tiziano Telch, presbitero della Chiesa di Trento che, in quanto rettore, ne ha la responsabilità educativa unitamente all’équipe che lo coadiuva.
Apprezziamo che abbiate scelto l’odierna ricorrenza per manifestare lo spirito di vicendevole appartenenza che caratterizza questa esperienza formativa.
Se per un attimo potessimo ritrovarci nel periodo storico in cui è vissuto San Martino di Tours, potremmo riconoscere degli aspetti simmetrici tra il suo tempo e il nostro tempo.
Si ritiene che Martino sia nato nel 316, dunque 1700 anni fa. Il IV secolo è il tempo in cui anche nelle nostre terre, dopo le prime azioni di evangelizzazione, il Vangelo si diffonde e si radica nel vissuto della popolazione. Probabilmente risale ad allora una prima strutturazione delle Diocesi in questi territori del Nordest.
Le condizioni politiche dopo l’Editto di Costantino del 313 sembrano liberare il cristianesimo da condizioni di fatica e di messa alla prova che avevano caratterizzato la storia dei primi tre secoli di questa fede. Comunque essa era stata abbracciata da persone che ne avevano percepito la forza liberante e guaritrice e che hanno voluto appassionatamente trasmetterla. Così come è evocato da Paolo nella seconda lettura proclamata: «Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!»
La prima lettura di oggi ci offre il cuore di questa esperienza di fede: «Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore».
Sono parole antiche che troviamo nel profeta Isaia. Provengono dalla travagliata vicenda del popolo di Israele e sono legate ad una terra martoriata che le ha custodite lungo secoli di attesa, di ricerca, di trepidazione…
Esse racchiudono la grande sete di giustizia a cui l’umanità più ferita non ha mai rinunciato. Sono profezia di un sogno di umanità che ancora oggi ci sorprende. Passa attraverso di esse un appello che ci raggiunge scuotendo gli intrighi del nostro vivere odierno, le tiepidezze della nostra azione, la miopia del nostro sguardo sul futuro.
Con queste stesse parole Gesù, secondo l’evangelista Luca, aveva dato avvio ufficialmente alla sua missione profetica e taumaturgica nel suo paese di origine, Nazareth, suscitando scalpore e una contrastata accoglienza.
Oggi guardando a San Martino possiamo ritrovare queste parole nello svolgersi della sua vita:
- nella sua esperienza di giovane inquieto mentre svolge la professione militare e approdando alla fede cristiana,
- nel bisogno di interiorità e di silenzio che ha caratterizzato la sua ricerca vocazionale, incarnando un’originale forma di vita monastica qui nel territorio europeo,
- nel difficile ministero come vescovo di Tours che si è trovato addosso perché il popolo riconosceva in lui un’umanità profonda e semplice, libera e coraggiosa, ben rappresentata dal suo mantello spezzato per condividerlo con chi gli si presentò povero, affamato, ignudo, malato, carcerato…
Questa parabola di vita è sintetizzata così dalle parole autobiografiche di Paolo:
«Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fato servo di tutti per guadagnarne il maggior numero».
Alla medesima esperienza papa Francesco ha voluto invitarci con il Giubileo della misericordia nell’anno che oggi cronologicamente concludiamo.
L’ “anno di grazia del Signore” annunciato da Isaia, che avviene e si compie in Gesù riconoscibile come affamato, assetato, straniero, nudo, malato, carcerato…, poi testimoniato da Paolo, è “l’anno di grazia” presente e operante lungo tutta la vita di San Martino…
Il Signore gli ha dato l’unzione e lo ha mandato «a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri».
Ecco «l’anno di grazia del Signore» promulgato lungo tutta la sua non facile e incompiuta vita.
Vorrei raggiungere il cuore di ciascuno – innanzitutto di voi convenuti qui – per suggerire con voce sommessa e commossa che l’anno di grazia del Signore ciascuno di noi lo porta dentro di sé.
C’è un pezzo, una parte di noi – anche se piccola e millesimale – che è descritta dalle parole di Gesù: affamati, assetati, stranieri, nudi, malati, carcerati… Chi di noi può dire di non essere mai stato toccato da queste verità di vita?
L’anno di grazia del Signore è innanzitutto ciascuna di queste nostre storie.
Ogni vita lo è!
È decisivo giungere a questa verità e scoprirsi così. Si tratta di un passaggio discriminante in cui non possiamo più vantarci di essere “vincitori” sugli altri proprio lì nei nostri affetti, nel ruolo che assumiamo, nella professione che esercitiamo, negli impegni pubblici che ci prendiamo o che ci vengono assegnati…
Una società fatta di chi si vanta delle proprie “vittorie” sugli altri è distruttrice, toglie il respiro, soffoca la giustizia e la pace, non ha dignità e non può aver futuro.
Ma, a maggior ragione, vale anche per le nostre comunità di fede.
Gesù esprime questo passaggio con queste parole:
«Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»
È quello che San Martino di Tours ci rappresenta e a cui ci sollecita…
Colpisce la delicatezza della Parola del Vangelo che, senza attutire la radicalità della proposta, precisa: «a uno solo di questi miei fratelli più piccoli».
Penso che questa delicatezza sia “l’umanità del Vangelo”: quel mettersi dalla nostra parte affinché possiamo dare vita a una condivisione possibile che dia un futuro desiderabile a questa nostra stagione di vita piuttosto delusa e rassegnata…
«A uno solo di questi miei fratelli più piccoli» è ciò che spetta a ciascuno di noi.
Il Vangelo ricomincia sempre da un piccolo seme. Induce a un primo passo di libertà e di misericordia. Sembra perdente, ma in realtà avvia una guarigione del cuore profonda che vive di mantelli spezzati in due, aprendo condivisioni che danno dignità e speranza innanzitutto ai “perdenti”.
La nostra comunità di fede è chiamata – “nella gioia del Vangelo” – ad essere più pronta, più vivace, più aperta, più libera e più profetica, sulla scia del racconto di Paolo: «Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io».
Penso che questa possibilità sia liberante e salvifica anche per una comunità civile, che si ispira a S. Martino di Tours. Nessuna comunità vive senza questa possibilità di condivisione. Si compie solo così la giustizia.
Che il Giubileo della misericordia possa diventare opera di giustizia, di promozione, di amore, di libertà ovunque in questa nostra terra, nelle e tra le nostre comunità.
San Martino ci accompagni!