Siamo stati salvati e ci siamo salvati

Omelia nella solennità di san Martino – Cattedrale di Belluno
11-11-2018

SALUTO

Siate tutti “benvenuti”! Saluto tutti coloro che hanno responsabilità e rappresentano le nostre Istituzioni e realtà associate, in particolare il signor Prefetto, il sindaco di Belluno, le autorità di ogni ordine e grado. Saluto le comunità parrocchiali specie della Città che sono qui convenute. Un saluto speciale alla Filarmonica di Belluno qui rappresentata e oggi destinataria del premio. La cattedrale vuole essere una casa per tutti, vuole rappresentare un luogo alto nella Città e in tutto il territorio della Diocesi. Sono molte le motivazioni per salire qui. Oggi San Martino rifonda il nostro convivere su un gesto di solidarietà che solo può cambiare le nostre vite, la società civile e anche la nostra Chiesa. Per quando ciò è stato contraddetto dal nostro agire e parlare, chiediamo perdono.

 

OMELIA

Is 61,1-3a; Sal 88 (89); 1Cor 9,16-19.22-23; Mt 25,18-21

Questa nostra terra con le sue montagne, le sue valli, i suoi boschi, i suoi paesi è passata, nei giorni scorsi, attraverso la prova del fuoco, dell’acqua, del vento. Ripercorrere le ore di apprensione e di paura può ulteriormente spezzare il cuore di questo territorio e della sua gente.

Oggi siamo qui, riconoscendo in San Martino e nella sua vicenda, il simbolo di una vita che riprende, di una terra che ritorna ad essere casa ospitale, di un popolo che porta con sé una ferita che si sta rimarginando e che ha sperimentato un’invincibile forza, quella del mantello spezzato perché donato e condiviso.

Ho potuto visitare i luoghi più feriti in questi giorni della ripresa. Ho visto tanta gente: vicini di casa che forse da tempo non si parlavano, operatori di ogni genere dai Vigili del fuoco alla protezione civile, persone di ogni età nelle vesti del volontariato venute anche da lontano, responsabili delle istituzioni pubbliche e amministratori locali. Permettetemi l’immagine: ho visto tutti salire sul cavallo di San Martino nell’atto di spezzare con la spada del loro coraggio e della disponibilità il proprio mantello. Quanti pezzi di mantello hanno ricoperto i tetti delle case scoperchiate e hanno ricoperto le nostre strade dissestate! Quante parti di quel mantello sono diventate fasce che hanno sollevato i cuori spezzati, come è stato descritto nella prima lettura!

Abbiamo imparato in questi giorni – in ogni località ferita del nostro territorio – che è decisivo il gesto di San Martino per riconsegnare dignità di vita a tutti, per riaccendere il sogno di una vicendevole e solidale appartenenza, per avviare progetti condivisi, per lasciarsi appassionare da iniziative solidali. Martino nel gesto di fermarsi e di lasciarsi coinvolgere dal povero – a cui dona parte del proprio mantello – ha cambiato sé stesso, anzi i due insieme si sono reciprocamente cambiati e hanno innescato un’energia trasformatrice del loro ambiente e contesto di vita.

La Chiesa di Belluno-Feltre sente il bisogno di “alzare lo sguardo” e di condividere questo gesto di risurrezione con tutta la comunità civile di questo stesso territorio, con le sue istituzioni e le sue realtà associate di ogni livello e grado.

Noi ci siamo, pur nella nostra fragilità e titubanza. Vorremmo però dichiarare la nostra specificità di Chiesa, rispettosa ma anche provocante. Sono le parole dell’apostolo Paolo ad esprimerla: «annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo». Ma che cosa significa e comporta per noi? Ed ecco ancora la dichiarazione di Paolo: «Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti […] Mi sono fatto debole per i deboli […]; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno».

Come discepoli di Gesù non abbiamo altro da scegliere e con cui proporci ed offrirci: «Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io».

Ma proprio questo che attesta l’apostolo Paolo – «diventarne partecipe anch’io» – apre la nostra specificità evangelica su tutti e per tutti. Ci siamo proprio tutti nel segno del manto spezzato e condiviso di San Martino. Nel vangelo di oggi, vi sono queste parole: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Noi cristiani le attribuiamo a Cristo, dunque sono la sua consegna a noi. Ma non sono parole esclusive.

Mi colpisce molto questa idea di salvarsi a vicenda. In questi giorni è successo proprio questo. Proviamoci ancora, non molliamo. C’è ancora tanto da fare nel salvarci a vicenda. Richiede un soprassalto di libertà e di responsabilità. L’alternativa è eliminare l’altro, usarlo, metterlo fuori gioco, frapporre barriere di sicurezza, affermando esclusivamente la propria certezza. Anche un certo esercizio di potere e una certa burocrazia vanno in questo senso. San Martino ci incoraggia, invece, a non sfuggire dalla situazione, ci invita a soffermarci per porre un gesto di vicendevole salvezza, lì dove si vive, dove si passa accanto, sulla ferita.

Molti in questi giorni mi hanno detto: «Con tutto quello che si è scatenato, avrebbero potuto essere tante di più le vittime».

Siamo stati salvati e ci siamo salvati!

Mentre ricordiamo e preghiamo per le persone decedute, siamo qui anche per pronunciare senza retorica e insieme il nostro grazie. È un grazie che sale a Dio, ma anche – sulla parola di Gesù e per la testimonianza di san Martino – da condividere tra noi.