Una volta Dall’Amico, sempre amico!

Nelle esequie di don Pietro Dall'Amico - Santuario del Nevegàl
22-09-2021

Esd  9,5-9; cfr. Tb 13; Lc 9,1-6

 

Salire quassù al Santuario era come un venire “Dall’Amico”. C’era lui – don Pietro – a presenziare. Vigilava con occhio attento, coglieva ogni piccolo movimento. Ti accoglieva e ti abbracciava. Percepivi il calore di un nonno, anche se la sua indole era quella di un capo. Indomito educatore lungo tutto il suo percorso di ministero, in questo nostro tempo era diventato dispensatore di affabilità. I tratti di severità che intravedevi in lui – memoria di un tempo passato – si frantumavano assumendo e offrendo accondiscendenza e tenerezza. Qui al santuario don Pietro appariva come Simeone, l’«uomo giusto e pio che aspettava la consolazione di Israele», di cui racconta l’evangelista Luca agli inizi del suo vangelo: scrutava il futuro, vigilando sulla moltitudine di gente che ancora rivedeva volentieri e che aveva conosciuto, educato, accompagnato e a cui riservava sempre un afflato di amicizia. Era un uomo riconciliato con il suo passato, teneva vivi gli affetti familiari. Ha sorpreso tantissimo il suo ultimo abbraccio domenica mattina: lo protendeva, ne chiedeva il contraccambio. Nei suoi ultimi istanti era come se egli volesse andare incontro a chi gli era accanto. Attendeva agitato qualcuno, fino a che è giunto da Arzercavalli il fratello Pino e così don Pietro si è lasciato andare: «Ora lascia, o Signore, che il tuo serva vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza». Sì, don Pietro viveva per gli altri, i molti incontrati e iniziati all’esperienza dello scautismo, ma non solo, anche i pellegrini al santuario, i penitenti che chiedevano la grazia della Riconciliazione, famiglie e persone a cui si è affiancato nel suo ministero.

Il sacerdote e scriba Esdra, di cui la prima lettura ci ha offerto una testimonianza di preghiera, nel suo ritorno a Gerusalemme dall’esilio in Babilonia, riconosce l’affacciarsi della grazia di Dio, ne coglie la promessa: c’è un resto di popolo che sarà in grado di ricostruire le rovine della città e del suo tempio. Ne sgorga una professione di fede intrisa di fiducia e di speranza: «Dio ha fatto brillare i nostri occhi e ci ha dato un po’ di sollievo nella nostra schiavitù. […] Dio non ci ha abbandonati». Anche Don Pietro portava di Dio questa promessa di sollievo, del suo non abbandonarci, di fedeltà. Mi ha sempre tanto colpito la sua attenzione e cura per i più giovani tra i confratelli preti. Chiedeva di loro, si prodigava nel pensiero e nell’affetto per loro e si preoccupava ogni qualvolta coglieva in loro qualche flessione di fatica o di turbamento. Quante volte mi ha chiesto: «Come sta “el me bocia”?». Gesù nel racconto evangelico di oggi convoca i Dodici e dà loro forza per vincere il male e per suscitare guarigione. Don Pietro ha annunciato così il “regno di Dio”: portava e offriva un affetto di guarigione.

Sono tre settimane – poco più – che anche don Francesco Silvestri ha chiuso la sua parabola di vita terrena. Sono stati accanto qui al Santuario anche nella malattia, in una paternità e figliolanza dialettiche e affettuose. Si sono rincorsi a vicenda. Ci testimoniano che tutti siamo legati così profondamente gli uni agli altri. In questa Eucaristia noi tocchiamo il mistero di questa fraternità che ci riguarda tutti. La si impara con la vita, nel ministero, nell’incontro sincero con gli altri. Gesù disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite». Qui al Santuario don Pietro ha trovato una casa dove vi è entrato. L’ho conosciuto qui, lo incontrai insieme con don Sirio un mese prima che anche don Sirio ripartisse, poco più di cinque anni fa… È commovente questo voler e saper stare insieme di don Pietro. Certamente egli anche comandava – era la sua indole! – ma sentiva fortemente il bisogno e nutriva il desiderio di stare accanto ad altri e di condividere. Nelle suore del Santuario ha trovato delle care sorelle che l’hanno amorevolmente accompagnato fino all’abbraccio finale. Così ha confidato nella fraternità con tanti altri confratelli che qui hanno sostato e con quanti ha conosciuto.

Don Pietro con il suo piglio scherzoso ha scritto: «Una volta scout, sempre scout». Così va compresa anche la sua vicenda vocazionale: «Una volta Guanelliano, sempre Guanelliano»; «Una volta prete, sempre prete»

Ma noi anche, con tanta riconoscenze e con affetto, gli diciamo: «Una volta Dall’Amico, sempre amico»!