Viveva con soddisfazione

Omelia nelle esequie di mons. Lino Mottes - Concattedrale di Feltre
01-02-2025

Eb 11,1-2.8-19; dal Sal 36; Mc 4,26-34

Giovedì 30 gennaio – giorno di anniversario della morte della mamma – don Lino, come «il chicco pieno nella spiga» e «quando il frutto è maturo», si è consegnato «alla mietitura». È il racconto del vangelo appena proclamato. Alla luce del mattino ha compiuto l’ultimo viaggio, il grande viaggio e, tra tutti quelli che don Lino ha fatto, il più ardito e il più preparato. “Alla luce del mattino”, perché così è stata la sua persona: luminosa, speranzosa, sorprendentemente capace di donare un raggio di sole, ovunque, sempre e a tutti. Anche negli ultimi giorni, pur misurandosi con le limitazioni fisiche, viaggiava dentro di sé con la velocità della luce: nei suoi ricordi, nelle sue presenze, negli innumerevoli incontri appassionatamente vissuti, nell’essersi sempre prestato – così come l’amato vescovo Gioacchino Muccin l’aveva definito – «compagno di viaggio e familiare».

Quando lo si incontrava, ci si scopriva investiti da un soffio interminabile di affabilità, donata nobilmente, pulita, capace di suscitare quella giovialità che era così fluente nel suo sorriso, nelle sue parole, nel suo svelto e dinamico muoversi. Comunicatore nato, non concedeva tregua alle ombrosità, ai risvolti tristi, alle parole lamentose, ai pensieri sfuocati. Il suo stile, come quello di un artista, lo rendeva capace di cogliere una bellezza più delicata, più interiore, che per lui era sempre riscontrabile. Tutti noi, avvicinando la sua persona, stando con lui, ci siamo trovati bene. È proprio questo il “quinto Vangelo” che don Lino ha naturalmente vissuto, annunciato, disseminato in tutti questi 95 anni di vita, nel lungo esercizio di ministero, nell’insegnamento, nella catechesi, nella passione culturale. Anche negli ultimi giorni avrebbe voluto – così sussurrava – “poter fare qualcosa” nel vissuto pastorale. Le comunità che ha servito sono diventate un cuore vivo e pulsante dentro di lui. Non dimentico il compiacimento con cui, all’inizio di ogni celebrazione dell’Eucaristia che presiedevo, mi presentava l’ultima comunità che ha servito e mi riferisco a Zermen: come un pittore la dipingeva di colori pastosi e attraenti. Ha colpito tutti noi un dono particolare che lo caratterizzava e che non ha mai nascosto: parlava, operava, pensava, incontrava, viveva… con soddisfazione.

Riprendendo le parole della lettera agli Ebrei, comprendiamo la ricchezza spirituale che don Lino ha intrecciato con le fibre della sua storia avvincente: «La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio». Sì, oggi lo possiamo dire anche di don Lino, come la lettera lo dice di coloro che ci hanno preceduto: «Per fede, [don Lino], chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità […]. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera […]. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso». Don Lino non ha vissuto lontano dagli eventi difficili e drammatici avvenuti nell’arco di anni della sua vicenda. Ho presente il suo racconto dei giorni inspiegabili del disastro del Vajont condivisi con il vescovo Gioacchino. Si può riconoscere che sempre «per fede» don Lino «aspettava la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso». Si è sempre tanto fidato di Dio e della sua promessa. Noi ora vogliamo pensare don Lino «compagno di viaggio e familiare» anche di Dio.

Abbiamo pregato così nel salmo: «Il Signore rende sicuri i passi dell’uomo e si compiace della sua via. Se egli cade, non rimane a terra, perché il Signore sostiene la sua mano».

Dice Gesù che il Regno di Dio è particolare: tutti lì noi siamo «il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno», ma nel campo di Dio il piccolo seme «cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Siamo qui anche per rendere grazie a Dio per tutto il bene che Lui non smette di riversare in questo tempo: «La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede». Il bene più grande Dio lo fa in ogni persona, «il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno».

Sento qui spontaneo e vero rivolgermi ad Adriana per quello che ha rappresentato nei riguardi di don Lino, in più di cinquant’anni di ininterrotto servizio, esercitando una sorta di maternità che don Lino ha sempre apprezzato. Anche questo è «il più piccolo seme» che porta un buon frutto. Grazie!