A cura di don Alessandro Coletti (solennità della Santissima Trinità - anno B)

A immagine di Dio che è comunione

«Noi cristiani dobbiamo costruire la città nuova attorno alla fontana antica» (G. La Pira)

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Un grande politico italiano morto nel 1977, Giorgio La Pira diceva che “noi cristiani dobbiamo costruire la città nuova attorno alla fontana antica”. Questa immagine mi pare ci aiuti a entrare nella solennità di oggi: la Trinità è la fontana antica attorno a cui costruire la nostra vita. Questa fontana ci precede, ha per noi tanti elementi sconosciuti, eppure ne abbiamo fatto l’esperienza (e i nostri antenati prima di noi): ci dona acqua buona, fresca per la nostra vita.

Di fronte a questo mistero che dà vita siamo chiamati a fermarci. La cosa migliore per capirla un po’ di più questa Trinità, sarebbe prendere un’icona della Trinità sedersi in silenzio e contemplare. È un mistero, anzi forse è il mistero per eccellenza. Ed è un mistero non perché non siamo in grado di capirla o perché per capirla bisogna essere molto intelligenti o studiare tanto. È un mistero come il mare, non è un problema nostro è lui che è troppo grande. Così è la Trinità, troppo grande, troppo bella per essere capita. E proprio come il mare, non posso capirlo ma mi ci posso immergere. Ci posso entrare dentro e stupirmi… E standoci dentro qualcosa di questo mare lo posso dire…

Perché se è vero che è un mistero, è vero anche che noi siamo fatti a immagine di Dio e quindi qualcosa di questo Dio ci deve essere in noi. Di Dio possiamo dire intanto che è relazione… Noi siamo fatti a immagine di un Dio che è uno e tre, un Dio che è comunione. Noi non siamo fatti per la solitudine ma per la relazione.

Gesù è venuto a dirci che c’è una comunità di tre persone in cielo che vivono una comunione così forte, così intensa e profonda da formare un solo Dio. Ecco, a questa comunione siamo invitati a rifarci per progettare le nostre relazioni. L’architettura delle nostre vite dovrebbe avere come modello, come progetto, la Trinità. Una famiglia, una comunità religiosa, una parrocchia, un gruppo di Azione Cattolica, un clan scout, un gruppo qualunque che si unisca nel nome di Cristo dovrebbe farlo tendendo a una comunione così.

Secondo aspetto. Un Dio che è di tre persone non ha bisogno di noi. Se ci ha creato, è puramente per amore. L’esperienza di Israele non è quella di aver cercato Dio, di aver sentito Dio, di aver scelto Dio, ma di essere stati ascoltati, scelti, cercati. Dio ha preso l’iniziativa. Dio prende sempre l’iniziativa. Viene in cerca di noi e ci invita. Dio è una relazione aperta. Il nostro Dio è una tavola con un posto vuoto per noi. Se siamo inquieti… forse quell’inquietudine è proprio il richiamo a sedersi a quella tavola, a prendere il nostro posto nella Trinità, a lasciarci trovare da Dio, immergersi nel suo mistero.

Ne “I Promessi Sposi” c’è un incontro splendido tra l’Innominato e il cardinal Federigo Borromeo. L’Innominato ne ha combinate di tutti i colori, ma è inquieto. Dall’alto del suo castello, ben difeso dalle sue truppe, nessuno può spaventarlo eppure ha l’animo in subbuglio. Pensa addirittura al suicidio… Dentro di sé è tormentato e non capisce perché. Poi al mattino presto vede tanta gente che va con gioia tutta nella stessa direzione, si informa, vuole capire dove va quella gente, perché è felice… scopre che vanno dall’arcivescovo di Milano in visita in quelle parrocchie. E parte anche lui… Di fronte al cardinale, l’Innominato dice: «Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?». E il cardinale risponde: «Voi me lo domandate? Voi? E chi più di voi l’ha vicino? Non ve lo sentite in cuore che vi opprime, che vi agita, che non vi lascia stare, e nello stesso tempo vi attira, vi fa presentire una speranza di quiete, di una consolazione che sarà piena, immensa, subito che voi lo riconosciate, lo confessiate, lo imploriate?». Dio non è lontano da noi. È in noi… basta accoglierlo! Lasciarci trovare!

Il nostro Dio è un Dio da accogliere. Noi non andiamo verso Dio, ma con Dio andiamo verso l’umanità. Ecco allora l’invito del Signore ad andare ad annunciare a tutti i popoli, affinché siano battezzati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Baptizein vuol dire “immergere”, quindi possiamo tradurre: affinché si immergano in questo mistero d’amore, si immergano in questa relazione.

Guardiamo allora la nostra vita. Pensiamo a una relazione che ha bisogno di essere trasfigurata alla luce della Trinità e proviamo, con umiltà a farla abitare dalla Trinità.

Una squadra con tre punte è una squadra che gioca per vincere, non si accontenta del pareggiare. Il nostro Dio si gioca tutto per vincere nel nostro cuore. Lasciamoci trovare, lasciamoci immergere in questo mistero di amore, che può trasformare la nostra vita.

 

Leggere il mondo con gli occhi della fede

Sulla funivia del Mottarone, nella disgrazia avvenuta domenica scorsa, quattordici persone hanno perso la vita. Un solo superstite: Eitan, un bambino di 5 anni. Il padre, appena prima del tragico epilogo della propria vita, lo abbraccia stretto. Di corporatura robusta riesce ad attutire il colpo quanto basta per salvargli la vita. Questa forse è l’immagine più bella di amore trinitario. Qual padre aveva donato la vita in un giorno di 5 o 6 anni prima. Ora ha donato la vita per il figlio. La Trinità è quell’abbraccio d’amore che si dona e preserva la vita.