Alcune novità nel nuovo Messale

Richiamo ad alcune espressioni utilizzate nella Messa

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La data ufficiale dell’introduzione della terza edizione del Messale Romano in lingua italiana era stata fissata per la Pasqua 2021. Da noi, come in tante altre parti di Italia, si era iniziato l’uso del testo liturgico già dalla prima domenica di Avvento, lo scorso 29 novembre 2020. Non è ancora il tempo di fare un bilancio circa l’utilizzo del rinnovato libro liturgico. Si possono solo coglierne alcune reazioni ai cambiamenti più notati dai partecipanti alla santa Messa. In alcuni casi con animo sereno, in altri con atteggiamento meno sereno se non più critico.

Tra le varie riviste che hanno trattato questa novità della chiesa italiana ho trovato molto interessanti e utili due inserti della rivista “Credere”. È uno dei settimanali editi dalla Editrice San Paolo con impostazione liturgico-pastorale, a carattere divulgativo. Le indicazioni offerte sono di uno degli esperti di liturgia pastorale più noti e apprezzati in Italia, Silvano Sirboni. Da questa fonte propongo ai lettori alcune riflessioni.

Novità più rilevanti nel libro liturgico

I partecipanti alle celebrazioni eucaristiche hanno sicuramente già notato alcune tra le variazioni più significative che la nuova traduzione del Messale ha introdotto. Le passerò in rassegna per richiamare senso e significato di quanto proposto e utilizzato da celebrante e fedeli. Seguirò, di massima, un ordine progressivo rispetto alla celebrazione della santa Messa.

«Fratelli e sorelle» – Quando nell’atto penitenziale si recita il “Confesso” si nota la novità, per due volte, della espressione «fratelli e sorelle». Altre volte la frase viene proposta per il suo utilizzo da parte del celebrante. Il termine “fratelli” utilizzato nei confronti di coloro che sono partecipi della stessa fede e della stessa celebrazione è indicato dallo stesso san Paolo. Nel corso dei secoli la sola espressione “fratelli” intendeva sia gli uomini che le donne. Nell’attuale sensibilità, accentuata nei confronti della differenza di genere, anche il testo del Messale ha voluto esplicitare quest’attenzione. Questa scelta è importante che non si riduca a espressione verbale, quasi solo pedaggio a un linguaggio, che poi non si traduce in stile di vita: accoglienza e valorizzazione

«Kyrie eleison» – All’atto penitenziale viene spesso utilizzata questa espressione. Talora nelle triplici espressioni di richiesta di perdono, spesso dopo i testi proposti per la richiesta di perdono a conclusione dell’atto penitenziale. Molti si sono chiesti il perché di questo ritorno all’originale greco, dopo la familiare traduzione “Signore pietà… Cristo pietà”. Richiama Sirboni: «Nella traduzione della Bibbia dall’ebraico al greco il termine Kyrios traduce sovente l’impronunciabile nome di Dio YHWH e Adonai (= Signore Dio). Pertanto nel Nuovo Testamento con il termine kyrios si intende sovente indicare la divinità del Cristo risorto… Pertanto questa diventa non solo un’invocazione della pietà, ma anche un’acclamazione alla regalità del Risorto. Il termine è stato usato all’inizio delle litanie popolari in onore della Madonna. Questo termine in lingua greca si aggiunge agli altri due termini in lingua ebraica utilizzati senza traduzione: “Amen” e “Alleluia”».

«Pace in terra agli uomini amati dal Signore» – Questa espressione, quando viene proclamato il canto del “Gloria”, ha sicuramente richiamato la attenzione dei fedeli presenti. L’attenzione a non farsi trascinare dall’abitudine nell’espressione «Pace in terra agli uomini di buona volontà» ha suggerito di cercare la motivazione di questa variazione rispetto a una frase tanto familiare.

Gli esperti di sacra Scrittura notavano come la frase, riportata da Luca nel canto angelico che annuncia la nascita del Salvatore, nell’espressione «buona volontà» indicava non la volontà degli uomini, ma quella di Dio. La benevolenza (termine letterale usato nel testo), sinonimo di compiacimento, si riferisce al volere di Dio, che porta a compimento la promessa del Salvatore. La traduzione letterale è «pace in terra agli uomini, che sono l’oggetto della sua benevolenza». Già nella traduzione della Bibbia del 2008 si era inserita la traduzione «E pace in terra agli uomini che egli ama». L’espressione proposta ora dal Messale «amati dal Signore» deriva da un’esigenza di cantabilità, ma non cambia nulla del corretto significato. Sul piano della spiritualità individuale il canto contiene un annuncio confortante. Noi, pur con tutte le nostre fragilità e contraddizioni, siamo amati dal Signore. Se la nostra volontà, per quanto sia buona, rimane fragile, l’amore del Signore è realtà sempre presente. È la pace interiore che è dono del Signore, oltre le nostre possibilità.

Altre espressioni e il loro significato saranno oggetto di un seguente approfondimento. (continua)

Giuliano Follin