Vittorio Sgarbi al Museo diocesano

Per il critico d'arte il Museo diocesano è un vero e proprio “luogo del cuore”

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Sabato 6 marzo è salito a Feltre Vittorio Sgarbi. Lontano dai riflettori e dai dibattiti televisivi, il celebre critico e storico dell’arte ha voluto rivedere e rivivere due musei della città, per i quali ha sempre nutrito ammirazione e passione. Alla Galleria d’arte moderna C. Rizzarda mancava dal lontano 1978: qui ha potuto vedere in anteprima la mostra di vetri artistici veneziani con la guida dell’architetto Ferruccio Franzoia, ideatore dell’allestimento e donatore di questa collezione di alto valore e qualità.

Mentre al Museo diocesano, per lui un vero e proprio “luogo del cuore”, pochi anni fa in due occasioni aveva già avuto modo di apprezzare i lavori di restauro di quello che era l’antico vescovado di Feltre, visitandone il cantiere una prima volta nel gennaio 2017, agli inizi della seconda fase di recupero e ristrutturazione del palazzo, e successivamente nella fase conclusiva, pochi mesi prima dell’inaugurazione. Allora aveva lasciato scritto: “Ho visto cose che occhio umano non poteva vedere senza l’amore e la sapienza, attraverso fede e ragione”.

Eccolo, dunque, tornare al Museo diocesano nella sua veste rinnovata per una visita serale inaspettata che è stata molto gradita e che, pur nella sua brevità, gli ha fatto confermare la soddisfazione, il vivo apprezzamento e il giudizio positivo verso le opere e l’allestimento che sa efficacemente valorizzare il bello. Accompagnato da Gloria Manera, Filippo Santi e Giorgio Reolon, in rappresentanza del Consiglio direttivo e del Comitato scientifico, Sgarbi, con una piccola torcia alla mano, con passo rapido e sguardo acuto, attento e penetrante, ha attraversato tutte le sale occhieggiando le opere esposte, scrutando alcuni dettagli, leggendo didascalie e pannelli, commentando le scelte espositive.

Su alcuni tesori del Museo si è soffermato maggiormente. Nel Salone Gradenigo ha rivisto con piacere le numerose opere della Certosa di Vedana, in particolare i due capolavori di Sebastiano Ricci, sui quali ha scritto alcune suggestive pagine; è rimasto colpito dal pregevole busto reliquiario di san Silvestro di Antonio di Salvi, dai dipinti provenienti dalla cappella di Villa Fabris-Guarnieri di Tomo, in particolare quello di Federico Bencovich con la Fuga in Egitto. Ha ammirato la settecentesca Camera Minucci con il suo rivestimento ligneo dipinto che simula una raffinata produzione tessile tramata di motivi floreali. Altre opere che hanno attirato la sua attenzione sono state la Madonna Assunta del Brustolon, il calice del diacono Orso, la tela della Comunione degli apostoli dalla chiesa parrocchiale di Castion, gli effetti luministici di Domenico Corvi, la pala di Nicola Grassi da Colcerver e la tavola di Matteo Cesa e bottega proveniente da Orzes che ha definito “bellissima”.

Cultura e arte sono il suo linguaggio quotidiano, i manufatti nati dalla creatività e dalle sapienti mani degli artisti sono parte di lui, al pari di vecchi amici, presenze familiari con i quali sembra entrare in confidenza, in intima relazione e in profonda sintonia. Sgarbi si è intrattenuto con affabilità e simpatia con i presenti, complimentandosi per l’ottimo risultato raggiunto, e alla fine, come è suo costume, ha “saccheggiato” il bookshop del Museo uscendo con una pila di libri sull’arte e sulla storia del nostro territorio, dimostrando la sua onnivora “voracità” intellettuale che lo porta a voler conoscere e approfondire ogni angolo dell’Italia delle meraviglie.