Quando fu comunicato che martedì 17 giugno papa Leone desiderava incontrare i vescovi italiani, confido che questo desiderio del papa mi sorprese, semplicemente perché in questo anno giubilare i suoi impegni pubblici e le conseguenti occasioni di incontro con lui sono davvero moltiplicati. Nella lettera di invito del Presidente della CEI, il cardinale Matteo Zuppi, era riportata questa motivazione: il legame particolare del vescovo di Roma con i confratelli vescovi delle Chiese d’Italia.
Mi è piaciuto molto che sia stata evidenziata questa dimensione di fraternità. Questa relazione non ha altra ragione che il Vangelo, lì dove Gesù dice: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Mi è sembrato che papa Leone abbia inteso portarci tutti noi vescovi all’appuntamento con questa parola di Gesù. È anche un passaggio fondamentale di quanto, poi, ci ha detto: «In primo luogo: andate avanti nell’unità, specialmente pensando al Cammino sinodale». È andato a segno, poi, esplicitando questo incoraggiamento: «Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito. La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire». Da queste parole mi sono sentito ecclesialmente – ma anche personalmente – “confermato”. È il ministero del successore di Pietro a cui Gesù aveva detto: «E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (Luca 22,32).
Sì, anche papa Leone è “profeta di sinodalità” innanzitutto per la Chiesa in questo «cambiamento d’epoca», ma non solo: lo è per tutta l’umanità che fatica a trovare un orizzonte di giustizia, di collaborazione e di pace verso cui camminare insieme. Ci ha detto: «Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione».
Nel momento in cui mi sono avvicinato a lui e ci siamo stretti la mano e incrociato lo sguardo, ho provato sulla mia pelle e nel cuore quanto poco prima aveva manifestato come indicazione di vita e di ministero: «Guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose! Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo, ed è il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti, noi per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici». Nel saluto interscambiato vi era un affettuoso farsi carico l’uno dell’altro. Gli ho detto che la Chiesa di Belluno-Feltre gli vuole bene. Il suo grazie è sgorgato diretto, gentile e promettente. È così Leone XIV.
† Renato Marangoni
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