Al giorno d’oggi, siamo abituati ad avere tutto e subito. Per fortuna, i moderni strumenti tecnologici ci consentono di trasferire le informazioni in tempo reale. I vantaggi sono straordinari! In tempo reale posso correggere la mia rotta ed evitare di perdere del tempo prezioso. Il medico mi contatta subito sul telefonino se si accorge che il mio referto ha qualcosa che non va. Il “tutto e subito” è ormai parte della nostra quotidianità. Benevolmente pretendiamo che ad ogni nostra azione ci sia una immediata reazione.
Il fidarsi non appartiene più tanto all’uomo moderno che invece desidera toccare con mano i frutti del suo lavoro e delle sue decisioni. Nel passato era necessario fidarsi di più. Quando si iniziava un’opera, era forse necessario attendere degli anni per vedere il completamento della stessa.
Guardando proprio la seconda lettura (Eb 11,1-2.8-19), troviamo una parola che viene usata spesso e in modo evidente. Questa parola è fede. Fidarsi. Per fede, Abramo obbedì partendo per un luogo che non conosceva. Per fede anche Sara ricevette la possibilità di diventare madre. Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco. La fede è il fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede.
Penso ai lavori per l’edificazione del Duomo di Milano. Iniziarono nel 1386, con la decisione di fondarlo là dove erano situate due antiche basiliche. Si dovettero scavare nuovi canali per far giungere in centro a Milano gli enormi blocchi necessari per le fondamenta. Si cercarono ingegneri, architetti, scultori. Tutto questo creò e rese sin da allora il Duomo simbolo di un crocevia di popoli e di culture. Generazioni e generazioni lavorarono e donarono le loro sostanze per realizzare un’opera di cui non ebbero mai la possibilità di vedere il progetto definitivo. Iniziarono nel 1386 e terminarono ufficialmente nel 1965: 579 anni! Sei secoli di storia.
Una cosa mi ha colpito in modo particolare. Lo stile gotico del Duomo di Milano richiama un movimento verso l’alto che desidera elevarsi verso Dio. Tutte le guglie presenti sul tetto aiutano a snellire la sua possente dimensione. Dal basso sono appena percettibili. Ma se il pellegrino ha il coraggio di avventurarsi sul tetto del Duomo, scoprirà che ognuna di esse risulta finemente lavorata. Tutte diverse…
Mi chiedo, da uomo moderno: «Che senso ha pagare uno scalpellino, che finemente lavora la mia guglia, raffigurando in essa la mia storia, o le mie devozioni personali? Nessuno andrà mai lassù a contemplarla e nessuno certo spiegherà a qualcuno il significato di tutte le guglie che sono state regalate nel corso dei secoli».
È vero. Tutto sembra inutile secondo lo stile moderno, ma certe cose acquistano valore proprio perché sono fatte con il cuore. Sono in grado di uscire e sdoganarsi da quella che è la convenienza immediata per entrare nel linguaggio di Dio, quello dell’eternità.
