Ml 3,13-18; Sal 1; Lc 11,5-13
Alcune espressioni del Salmo 1 sono ci colpiscono particolarmente e ci sollecitano qui in questo cimitero, luogo di memoria e giardino di attesa, nel 62mo anniversario del Vajont. Questo nome, proprio da qui, non ha bisogno di commenti. Racchiude un mistero di vita intrisa di sofferenza e morte. Qui si entra in un silenzio che sfida l’infinito. Qui i nostri pensieri si ritirano e i nostri affetti lamentano abbandono e smarrimento.
Ed ecco comparire le immagini del salmo che sfiorano una verità, mai abbastanza svelata, della nostra storia: «Il consiglio dei malvagi… la via dei peccatori… la compagnia degli arroganti… la via dei malvagi».
Oggi ricomponendo qui anche il panorama internazionale – dopo quello a cui assistiamo in questi ultimi anni – immagini del salmo indicano un male e una violenza che sembrano imbattibili.
Proprio oggi alcuni barlumi di pace sembrano prendere consistenza e vigore, eppure il male ci risulta ancora non sconfitto. Il Vajont ci racconta ancora l’indecenza del male, la sua portata mortifera.
Eppure in queste ore in questo territorio – che 62 anni fa appariva spazzato via – il convenire di tante rappresentanze che hanno avuto il coraggio e la speranza dei gemellaggi e dei patti di amicizia, svelano un’altra verità, la incentivano, fanno sì che nella mitezza dell’incontro riappaia una vita che vince, si riaccendano luci di speranza, riprenda il gorgoglio dell’amore, compaia l’aurora della pace.
Oggi non è mai troppo tardi perché la vita sia vita, la giustizia sia giustizia, l’amore sia amore, la pace sia pace. Siamo qui in questo giardino perché non è mai troppo tardi che l’umanità sia umanità.
Riprendo ancora la preghiera del salmo: ciò che è malvagio e arrogante «è come pula che il vento disperde», la via della malvagità «va in rovina».
Non esita il salmo ad aprire su tutti noi la via della vita: diventa – diventate come «albero piantato lungo corsi d’acqua che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene».
Ho l’immagine dell’antica e grandiosa sequoia che ancora si erge lungo il corso d’acqua del Piave: in quella notte del 9 ottobre 1963, vinse ogni arroganza e malvagità, restando per tutti noi e per i nostri cari piantata sul suo terreno e innalzata verso il cielo: promessa e speranza per tutti noi!
Ci viene incontro la parola di vita di Gesù che abbiamo ascoltato: «Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto».
A Dio, autore della vita, ci presentiamo così: a chiedere, a cercare, a bussare…
(© foto Giuseppe D’Alia)