Al tempo di Gesù, la lebbra era una malattia che incuteva grande timore. Pian pianino si iniziava col perdere la sensibilità alle estremità delle dita dei piedi e delle mani. Poi queste estremità marcivano e si staccavano dal corpo. Incapaci anche di provvedere alle proprie esigenze personali, i malati erano condannati ad una agonia terribile. Attendevano una morte lenta e inesorabile.
Queste persone venivano poste all’esterno del villaggio, in posti isolati, in modo da scongiurare qualsiasi rischio di contagio e di infezione. Qualche persona caritatevole portava loro del cibo e lo lasciava a debita distanza.
Gesù non si pone il problema di entrare in contatto con questi lebbrosi. Quando la creatura umana si trova a vivere un momento di sofferenza, entra in modo particolare in sintonia con Dio. Sono ammalati gravi e si rivolgono a Dio proprio per ricevere aiuto. Chiedono: «Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!» (Lc 17,13). Gesù guarisce il loro male.
È interessante notare il fatto che Gesù li manda dai sacerdoti… Perché mai, visto che erano già stati guariti? Ebbene, la presenza dei lebbrosi guariti, vorrebbe aiutare i sacerdoti ad aprire gli occhi del loro cuore. Anche loro avevano bisogno di una guarigione? Sì, perché non credevano che Gesù stesse operando per conto del bene…
Sorpresa delle sorprese. Solo uno dei dieci lebbrosi ritorna indietro per ringraziare il Maestro. Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?» (Lc 17,17).
Bisogna proprio riconoscere che siamo veramente creature fragili. La nostra fede va curata e custodita con cura. Guardate questi poveri malati. Sono ormai condannati ad una morte penosa e dopo essere stati completamente guariti, dimenticano la Grazia ricevuta…
Tutto, per noi, è sempre dovuto. La salute, la famiglia, il lavoro, il nostro benessere… Ma uno solo ritorna indietro. Guarito nel corpo, da parte di Gesù. Guarito nello spirito, perché ha saputo cogliere in pieno la grazia ricevuta dal Maestro.