Colpisce il versetto numero 4 del capitolo 5 di Matteo: «Beati gli afflitti perché saranno consolati». È veramente un grosso problema accettare di sentirsi dire di essere in grazia di Dio, nel momento in cui sto soffrendo. Come può Dio, che mi ha creato, che mi vuole bene, che desidera offrirmi il meglio, propormi la strada della sofferenza?
Prendo in prestito le parole di una bellissima preghiera rivolta allo Spirito Santo. Sappiamo che lo Spirito Santo riesce a sfuggire alle definizioni. Viene rappresentato con il fuoco. Bene incarna il suo calore, ma nello stesso tempo può diventare una forza che distrugge. Così anche con il vento. Riesco a vederne gli effetti, lo percepisco sulla pelle, vedo le foglie che vengono trascinate sul sentiero. Ma non so da dove viene e dove stia andando. Ebbene questa preghiera non riesce a catturarlo, a fotografarlo, ma tenta di evocarlo.
«Nella fatica, riposo…»: è proprio quando io sperimento un giorno intero la fatica, che posso ritornare a casa la sera e godermi la bellezza di un meritato riposo.
«…nella calura riparo…»: è proprio quando io sperimento i disagi di un’elevata esposizione che gioisco nello scorgere un riparo.
«…nel pianto conforto»: è proprio quando purtroppo sperimento la sofferenza, quella vera, che riesco a percepire il conforto come vero ossigeno che mi dona speranza.
Non desideriamo augurare a nessuno di dover soffrire, ma se mai accadrà, vogliamo sperare che queste persone possano scorgere una luce di speranza, un sorriso amico, una parola di conforto.
Beate allora quelle persone, che saranno passate attraverso il giogo della sofferenza e, senza perdere la speranza, hanno avuto modo di credere in un futuro migliore. Beate loro. Perché avendo sofferto sapranno consolare, sapranno intenerirsi davanti al dolore e diventeranno strumento nelle mani del Signore.
