Il Signore questa sera ci sorprende nel dirci: «Non abbiate paura» (Lc 12,1-7).
Vorrei di tutto cuore ringraziarvi, carissimi d. Cesare, d. Giuseppe e anche te d. Andrea. Questo invito di Gesù, che non è nient’altro che la sua chiamata, vi ha già abitato il cuore. Questa sera qui questa parola di Gesù racconta di voi.
Mi azzardo a dirvi che la vostra disponibilità a lui e, dunque, il vostro affetto per il Signore è il ministero più ricco e promettente che potete esercitare e offrire alle comunità a cui siete stati donati e affidati.
A voi comunità di Rivamonte, Tiser, Gosaldo, Frassené, Voltago, Taibon, Agordo, La Valle grazie per i vostri cammini di fede. Potreste essere sulla cima dell’Agner o giù in valle a livello dell’acqua del Cordevole, avere più o meno abitanti, organizzare tante o poche, ma ciò che per voi comunità di fede conta per davvero è la chiamata di Gesù, è la sua Parola di pace e di speranza posta nella trepidazione del vostro cuore: «Non abbiate paura».
Sì, Signore Gesù, questa gente è ricca perché ti vuole bene. Sei tu prezioso per loro. Non ci spiegheremmo altrimenti quanto hanno vissuto in queste settimane e il loro essere qui in preghiera questa sera.
Il Vangelo ci incoraggia a fare la scelta dell’amore, del servizio, della fraternità. Penso che i giovani di queste montagne hanno il desiderio della vita, delle cose belle, della sincerità del cuore. Le tante persone anziane, che vivono in un contesto di solitudine, sono storie di fedeltà, dunque di fiducia e di sapienza. Sono loro a fare eco all’immagine veicolata dalle tue parole: «Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati». Nessuno di loro al tuo sguardo di tenerezza e misericordia vale due soldi come quelli con cui si vende un passero. Tu ci rassicuri e apri all’infinito i nostri pensieri: «Nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio».
Tutto questo, Signore, ci sta a cuore.
Come te anche noi – seppure a volte ne siamo tentati e ci cadiamo – non vogliamo l’ipocrisia. Ci hai detto: «Guardatevi bene dal lievito di certi farisei, che è l’ipocrisia». Signore ci piace la luce, la sincerità, la limpidezza… Ecco dove ci aiuteremo perché ci riconosciamo tuoi discepoli e discepole. Non siamo perfetti, ma ci piace quello che tu rappresenti per noi.
La prima ragione per cui accogliamo don Cesare, don Giuseppe con don Andrea o confermiamo tale accoglienza è la tua Parola liberatrice, salvatrice, promettente. Faremo strada insieme – anche quando è in salita o con qualche franamento. Non vogliamo l’ipocrisia, ma la luminosità del reciproco rispetto, del vicendevole servizio, della condivisa testimonianza evangelica.
Come vostro vescovo, posso manifestarvi il mio affetto accanto a quello che è stato l’affetto di don Fabiano e, ora, il mio affetto accanto a quello di d. Cesare, di d. Giuseppe e di d. Andrea. Ho anch’io imparato da loro, da come sono uomini, discepoli di Gesù, preti… Hanno il coraggio di stare insieme tra loro per essere meglio e più insieme tra voi.
Camminerete fianco a fianco. Con la fraternità che ha già unit le vostre comunità. Sperimenterete i due cammini: quello delle comunità di Rivamonte, Tiser, Gosaldo, Frassenè, Voltago e quello di Taibon, Agordo e La Valle, valorizzando le distinzioni ma anche imparando ad apprezzarvi. Dobbiamo insieme spezzare l’ipocrisia che divide, che spacca, che demolisce. È quello che ci detto papa Leone, appena sentito: «Annuncio del Vangelo, pace, dignità umana, dialogo: sono queste le coordinate attraverso cui potrete essere Chiesa che incarna il Vangelo ed è segno del Regno di Dio».
E poi: «Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito».
A noi vescovi italiani ha dato questo messaggio, condivisibile con te d. Cesare, con te d. Giuseppe, con te d. Andrea, ma anche con tutti voi: «Guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose!».
