Is 9,1-6; Sl 113 (112); Lc 1,26-39
Maria sempre ci sorprende. Otto giorni fa l’abbiamo contemplata come “assunta”. Oggi la Chiesa le attribuisce il titolo di “regina”. Il Concilio Vaticano II, in LG 59, ricompone questa contemplazione di Maria e afferma: «Finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria in anima e corpo, e dal Signore esaltata quale regina dell’universo per essere così più pienamente conforme al figlio suo, Signore dei signori e vincitore del peccato e della morte». Ed ecco ancora una sorprendente meraviglia: nel Vangelo di Luca che la Liturgia ci propone, Maria – l’assunta e la regina – ci è presentata come l’“annunciata”. Ed è addirittura una sua parente – Elisabetta, nella sua vecchia e nella sua semplicità – a diventare un segno della provvidenza e della bontà di Dio, anzi della fedeltà di Dio al suo popolo, alla nostra storia.
Ci sorprende la creatività d’amore di Dio: con le situazioni più piccole e più semplici della nostra vita e di questa umanità, Dio apre una storia d’amore infinita, che avvolge tutto l’universo, che ci riguarda da vicino, cha accarezza e incoraggia la vicenda di ogni popolo. Oggi ci piace riconoscere questo: anche la storia del popolo ladino. Tutta la vita, tutta quanta la Chiesa – nelle sue innumerevoli manifestazioni locali e culturali – e l’insieme dell’umanità sono destinatari della grazia di Dio, del suo amore totale e gratuito.
Tutti noi guardando a Maria e cercandola a partire dal nostro essere suoi figli e sue figlie per il dono di Gesù sulla croce, siamo invitati a scoprirci “promessa” di Dio. In noi, in tutti noi, in ciascuno di noi è innestata la promessa d’amore di Dio. Maria ci invita a far diventare la nostra vita, in tutta la sua verità e dunque la sua fragilità e precarietà, quell’«Eccomi» che Maria, da annunciata, ha manifestato. Dobbiamo dircelo con verità: non esiste alcun luogo di vita autentica, di vita buona, di vita promessa… al di fuori dell’amore di Dio, anche se ancora in divenire e forse nascosto in noi… Tutti siamo alla ricerca di quell’amore. Il mondo ne ha estremo bisogno.
È questo il significato della profezia di Isaia ascoltata nella prima lettura: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse… Perché ci è stato dato un figlio… il suo nome sarà:… Principe della pace». Maria, l’annunziata, l’assunta, la regina dell’universo, con il suo “sì” di donna libera e responsabile, irradia su noi questa promessa.
Vi auguro, comunità ladina, di vivere con tutte le nostre comunità – ognuna con la preziosità dei propri colori di vita, di cultura, di fede, di speranza, di carità – di vivere e testimoniare in questa promessa d’amore.
Oggi l’appello del Papa a pregare e sacrificarci per la Pace riflette opportunamente la ricorrenza dei 20 anni di fondazione dell’Istitut Cultural Ladin Cesa de Jan. In particolare la celebrazione di Maria regina è per tutti noi una chiamata alla Pace, alla stima vicendevole, al reciproco riconoscimento. Il mondo più lacerato oggi attende anche da noi questo dono della Pace!
Evangelii Gaudium 71
La nuova Gerusalemme, la Città santa (cfr Ap 21,2-4), è la meta verso cui è incamminata l’intera umanità. È interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città. Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze. La presenza di Dio accompagna la ricerca sincera che persone e gruppi compiono per trovare appoggio e senso alla loro vita. Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni, in modo impreciso e diffuso.
