«“Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo» (Lc 18,10-12).
È sempre bene iniziare la preghiera con un ringraziamento, perché è giusto rendersi conto di quante cose belle Dio ci regala ogni giorno.
Ma dopo aver pronunciato le prime parole: «O Dio ti ringrazio…», il fariseo scivola nel giudizio degli altri, «… che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri e…». Arriva addirittura a condannare il pubblicano presente: «…non sono… », «…neppure come questo pubblicano».
«Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”» (Lc 18,13). La sua è una preghiera brevissima. Rivela il profondo desiderio di entrare in relazione con Dio, anche se non si sente degno di riceverne le attenzioni.
Chi si crede nel giusto è palesemente in errore. Dio spalanca la porta davanti a un cuore umile. Proprio quando noi poniamo la nostra attenzione verso noi stessi, smettiamo di crescere perché non riusciamo a guardare oltre il nostro benessere. Il mio mondo, quindi, corre il rischio di iniziare e terminare con questa mia vita terrena.
Rimanendo chiuso in me stesso e lodandomi dei miei pregi, ho già ricevuto la mia ricompensa.
«Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa» (Mt 6,5).
Solo aprendomi a Dio e al mio prossimo, ho la possibilità di mettere a frutto la mia vita. Doppia soddisfazione. Da parte mia vedrò fiorire la mia vita, da parte di Dio gioia per aver riposto nel suo servo la giusta fiducia.
