La diocesi aderisce all’appello

«Disertiamo il silenzio su Gaza»

Un segnale di solidarietà nei confronti della popolazione civile di Gaza, stretta tra guerra e carestia

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Si tratta di un’iniziativa nazionale, che attraverso ogni mezzo di comunicazione ha raggiunto anche la nostra terra. Un semplice invito rivolto alla cittadinanza per domenica 27 luglio alle ore 22. «Facciamo suonare a distesa le campane dei palazzi comunali, quelle delle chiese, e ogni sirena possibile: ambulanze, navi, barche, porti», si legge nell’appello. Il gesto vuole essere un segnale di solidarietà nei confronti della popolazione civile di Gaza e, allo stesso tempo, una critica verso l’imbarazzante inazione della comunità internazionale.

La diocesi di Belluno-Feltre aderisce alla manifestazione. Nella serata di ieri, il vescovo Renato ha scritto ai preti della diocesi: «Io penso che non si possa non corrispondere all’invito e alla partecipazione al segno. Dobbiamo solidarietà piena anche alla comunità cristiana di Gaza, la cui presenza è un segno di incarnazione tra i più coraggiosi oggi». Ha ricordato come lo stesso cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, abbia attestato «la situazione di inumanità inaccettabile». Pertanto ha chiesto la partecipazione della diocesi, con la presenza in piazza e con il suono delle campane: «Lo chiedo per le campane della cattedrale domenica sera e anch’io parteciperò in piazza Duomo a Belluno».

Inoltre il Vescovo incoraggia quanti intendono proporre un momento di preghiera, prima o dopo la manifestazione in piazza. Ma «nell’urgenza del momento, occorre anche unire la partecipazione nel segno comune».

Ieri anche L’Osservatore Romano, voce ufficiale della Santa Sede, ha scritto con franchezza:

Da una parte Israele, le cui autorità sostengono che a Gaza non c’è carestia, dall’altra le immagini di bambini denutriti, i corpi scheletrici, gli occhi enormi su volti scavati dalla fame. Foto strazianti, che girano ormai da settimane, ma che negli ultimi giorni si sono moltiplicate, perché la fame che per qualcuno non esiste colpisce ogni giorno di più. E uccide, soprattutto i più indifesi, i più piccoli: sono già 84 (su 123). L’ultima vittima stamane: Zainab Abu Halib, una neonata.

Nella dichiarazione delle Forze di difesa israeliane c’è una contraddizione di fondo. L’Idf infatti ha annunciato che consentirà ai Paesi stranieri lanci di cibo su Gaza, ma, a dispetto delle denunce dell’Onu e di oltre un centinaio di ong, insiste sul fatto che non c’è carestia nella Striscia. Solo una situazione «difficile e impegnativa», ha spiegato il coordinatore israeliano delle attività governative nei Territori. Denutrizione e morti per fame sarebbero solo propaganda di Hamas.

Non la pensano così Regno Unito, Francia e Germania, visto che proprio ieri, a conclusione di una call, i leader Starmer, Macron e Merz hanno riconosciuto che nella Striscia di Gaza è in corso «una catastrofe umanitaria» che «deve finire subito», rilanciando l’appello di 28 Paesi. Forse anche loro hanno visto quelle foto che altri non vogliono o fanno finta di non vedere.

Non vogliamo essere tra quanti «fanno finta di non vedere».