«Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate». 800 anni fa san Francesco d’Assisi componeva il Cantico delle creature, primo componimento scritto in volgare italiano, inserito nel percorso di studio scolastico. Negli ultimi anni della sua vita, Francesco era diventato quasi cieco e la malattia lo aveva reso fragile. Proprio in questa situazione dolorosa il “giullare di Dio” matura e lascia sgorgare dal cuore la lode e la gratitudine per il Signore della vita, riconoscendo il dono del Creato e di tutte le creature.
Ho colto sintonie con la visione francescana negli eventi ecclesiali di questi mesi, nelle risonanze arrivate dalle due Assemblee sinodali vissute a Roma, soste nel cammino della Chiesa universale (nel mese di ottobre) e delle Chiese che sono in Italia (15-17 novembre).
Nel buio della storia che ogni giorno aggiunge nuove preoccupazioni, la comunità cristiana, evangelicamente, alza lo sguardo per percepire frammenti di speranza che la storia porta in serbo.
Il vescovo Renato e i nostri delegati diocesani, di ritorno dalla prima assemblea sinodale delle Chiese italiane, hanno evidenziato il clima di preghiera, la positività del percorso vissuto in questi anni e la bontà della sintesi di contenuti e proposte condivise, aperta a ulteriori passi nella fase “profetica” (2024-2025). L’impegno dei mille delegati ai tavoli di lavoro nella basilica di San Paolo prosegue ora nelle singole diocesi. Sarà fornito a breve uno strumento di lavoro per un confronto a tutto campo da tradurre in scelte pastorali nelle Chiese locali.
L’icona biblica della Pentecoste richiama la prima comunità cristiana, debole, ferita dal tradimento, ma radunata da Gesù per andare «con la forza dello Spirito Santo» ad annunciare il vangelo. La condizione per aprirsi al dono dello Spirito è la «perseveranza nella preghiera concorde, che diventerà testimonianza di comunione».
«È cambiata l’aria e il modo di respirare nella Chiesa», ha affermato il vescovo Renato durante l’incontro con l’equipe diocesana la settimana scorsa. Ci apriamo a un nuovo modo di essere Chiesa-casa accogliente, valorizzando i passi fatti insieme, le riflessioni, le esperienze, i documenti elaborati nella nostra comunità diocesana anche prima del sinodo.
Una delegata ligure, in un’intervista, evidenziava l’importanza della considerazione riservata alle numerose istanze provenienti dalle 226 diocesi, pur rimanendo ancora sotto-traccia alcune questioni in particolare riguardanti la liturgia, da vivere in modo «più fresco» e corrispondente alla teologia. Ci sono ancora passi da fare: camminare insieme nella diversità e cercando l’unità e le convergenze, ha sollecitato e fatto maturare uno stile da cui non si torna indietro, pur nella fatica e talvolta nelle contraddizioni. «Respirare il locale nell’universale» è stato davvero un nutrimento e una ricarica spirituale che i delegati ora sentono l’esigenza di condividere nella comunità di appartenenza.
Lo Spirito è in azione e crea armonia perché possiamo essere popolo profetico, “comunità di destino”, dove tutti possono dare un apporto significativo e coltivare uno sguardo al futuro pieno di fiducia.
Le riforme sulle quali interrogarsi e le scelte pastorali impegnano infatti tutte le nostre comunità, che hanno iniziato a collaborare insieme. Al centro il vangelo, lo stile di prossimità, la capacità di nutrire le relazioni: con il Signore, tra uomini e donne, nella famiglia, nella comunità, tra gruppi sociali.
Gli Organismi di partecipazione diocesani saranno chiamati a discernere, valutare alcune proposte operative che concretamente si possono attuare per una Chiesa più missionaria. Coinvolgimento e verifica del cammino si tradurranno così in slancio profetico e cultura del dialogo, valorizzazione di diversi linguaggi, dell’arte, della cultura della pace.
Nelle prossime settimane, i quattro delegati offriranno spunti sui temi oggetto di dibattito, che riassumono le proposte di riforma comunitaria, personale e riforma delle strutture della Chiesa.
Paola Barattin