Cammino sinodale

Il sinodo può parlare alla mia vita?

Testimonianza di una delegata all’Assemblea sinodale delle Chiese in Italia

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Una domanda. Da questa parte questa mia riflessione. È il quesito che mi sono posta uscendo dalla prima Assemblea delle Chiese in Italia, vissuta a Roma lo scorso 15-17 novembre, insieme alla delegazione scelta dal Vescovo per la nostra Diocesi.

Da tre anni il cammino sinodale interseca la mia vita e la mia esperienza di fede. Sono stati molti i momenti vissuti in assemblea, molte le persone conosciute e ascoltate e dalle quali mi sono sentita ascoltata. Molti i momenti in cui ho sentito chiaramente che siamo dentro un «Processo di cambiamento», come lo definisce papa Francesco, un processo più grande di me.

Il cammino sinodale in questi anni mi ha permesso di mettermi in gioco nella fede: ricordo quanto mi sono sentita coinvolta nel leggere le sintesi della fase narrativa, da cui è emersa un’umanità, un’empatia e una capacità di ascolto bellissima da raccogliere. Era la cosiddetta fase narrativa, nella primavera del 2022 e fino alla primavera del 2023; nella successiva fase sapienziale (2023-2024) ho raccolto quanto questo bisogno di ascolto debba portare a compiere dei passi concreti, ma che a volte c’è bisogno di «un vento che soffia e va dove vuole», per riuscire a far nascere qualcosa di nuovo nelle nostre comunità.

È con questo spirito ancora in ricerca che ho scelto di affrontare una tematica specifica durante la recente Assemblea nazionale, che ha ufficialmente aperto il Sinodo alla fase profetica: la formazione alla fede e alla vita nelle diverse età.

Il significato profondo di questo tema l’ho vissuto però stando al tavolo di lavoro, con altre nove persone, tutte diverse, semplici, genuine, con età e esperienze di fede differenti. Questo tema ha preso vita ascoltandoci, e ci è subito stato chiaro quanto la parola formazione si traduca in essere pronti e responsivi nell’accogliere la vita, nel presente di grandi e piccoli e rigenerare la vita anche attraverso l’annuncio e l’accompagnamento spirituale.

Questo tipo di formazione, a cui la nostra Chiesa ci chiama, passa attraverso l’ascolto del cambiamento, il riuscire a essere testimoni credibili di quanto stare «ai piedi del Maestro» ci aiuti ad accogliere i cambiamenti, le fragilità, le sfide e i dolori che i giovani, i bambini, gli adulti e gli anziani del nostro tempo portano.

È stato chiaro che la nostra Chiesa non ha intenzione di lasciarci soli in queste sfide, ma si sta adoperando per trovare tutti gli strumenti, per prepararci a saper accogliere, ascoltare e accompagnare le persone in modo ispirato ed efficace.

Gli aspetti più interessanti lavoro si sono avuti nella condivisione del bisogno di vivere momenti di scambio intergenerazionale – come’è appunto avvenuto al nostro tavolo – per scoprire infine che l’esperienza di ciascuno, quando viene condivisa e messa in comunione, diventa formazione per chi ci è accanto. Ancora il bisogno di un’azione pastorale che parta dalla concretezza delle sfide della vita in diverse età e la necessità di sviluppare nuove vie di accompagnamento della famiglia… e tornare a sentirci famiglia anche come fratelli e sorelle nella fede.

E così, ritornando a casa, ho risposto «sì» alla domanda da cui sono partita: questa fase profetica ha suggerito qualcosa di nuovo alla mia vita e alla mia fede; è stata un’esperienza che mi ha riempito il cuore perchè ho iniziato a vedere i frutti concreti di un cammino che nella mia fede e nella mia vita dura da un po’.

Abbiamo bisogno di «esperienze formative alla vita e alla fede», ovvero di momenti che ci facciano sentire vivi, amati e in comunione, e ho fiducia che lo Spirito stia rispolverando questa concreta bellezza nella nostra Chiesa.

Giulia De Pra