29.ma domenica del tempo ordinario - Anno A

Non si può? Posso? Mi lasci?

a cura di un parroco di montagna

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«Si può o non si può? Posso? Mi lasci?». Sono domande frequenti di figli ai genitori, di studenti a scuola, di cittadini all’autorità statale… Domande che ammettono una risposta sola: sì o no! Di questo tipo è la domanda a Gesù posta dai farisei: «È lecito o no pagare le tasse a Cesare?».

Gli erodiani erano favorevoli al dominio di Roma. Al contrario gli zeloti, che praticavano la resistenza armata e quindi predicavano apertamente il rifiuto di pagare le tasse all’imperatore. I farisei rifiutavano la ribellione aperta e pagavano per evitare il peggio.

Se Gesù avesse dato una risposta affrettata – sì o no – sarebbe caduto nel tranello: o avrebbe suscitato la reazione dei romani o si sarebbe screditato di fronte alla gente.

Al contrario di educatori presi dalla fretta o di governanti messi alle strette, Gesù prende tempo e approfondisce il discorso. Gesù ha a cuore il primato di Dio: Date a Dio quello che è di Dio… ma anche il bene comune: Date a Cesare quel che è di Cesare.

Gli interroganti, che vorrebbero ingannarlo, cercano di adulare Gesù e su questo, senza volerlo, dicono il vero su di lui: «Sei un maestro sincero, che insegna la via di Dio, che non guarda in faccia a nessuno». Un uomo franco, quindi, lineare, senza pensieri nascosti, senza ragionamenti fatti per raggirare qualcuno.

Gesù è proprio così, al contrario dei suoi interlocutori che sono maliziosi e ipocriti. «Ipocriti» vuol dire mascherati. Nascosti dietro a una mascherina, recitano una parte che non è la loro, per non far vedere quello che realmente sono e pensano.

Prima di metter su una maschera di fronte alle persone o alla società, c’è la tentazione di mascherarsi di fronte a Dio o di nascondersi da lui. È tentazione antica quanto l’uomo: Adamo, dove sei? Mi sono nascosto perché ho avuto paura…».

Fatto a immagine di Dio, l’uomo è fatto per colloquiare col Padre e a confrontarsi con lui, non per andarsene per i fatti suoi e fare tutto quello che vuole. Come un figlio col padre, l’uomo deve usare riconoscenza e aver confidenza col suo Creatore. È un figlio che appartiene al Padre, e non per un debito nei suoi confronti, ma per un bisogno di ritornare a lui e di vivere in colloquio confidenziale.

«Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio…: è risposta inattesa. Non è evasiva, non astuta per battere gli interlocutori astuti e maliziosi.

Gesù porta il discorso più a monte e alla giusta idea di dipendenza da Dio. Chi è il mio Dio? chi è il Signore della mia vita? È la domanda che ogni uomo dovrebbe farsi tutti i giorni. La moneta del tributo portava l’immagine di Cesare. L’uomo è creato a immagine di Dio e non deve dimenticarsi di avere in sé l’impronta del figlio.

Il primato di Dio rende l’uomo libero, anche di fronte allo Stato. Lo Stato non può richiedere quello che fosse contrario alla coscienza del cittadino (di qui l’obiezione di coscienza!).

Il primato di Dio vuole il bene dell’uomo e, in particolare, il bene comune come ideale da tener sempre presente e da perseguire, ad esempio, contro gli escamotage per evadere il fisco. Il primato di Dio chiede a tutti di collaborare al bene comune, facendo la propria parte, e a contribuire secondo le proprie possibilità anche intellettuali, morali e di fede, oltre che finanziarie.