A cura di don Sandro De Gasperi (3ª domenica di Pasqua - anno C)

Un tempo pieno di futuro

Il mattino presto è il tempo del sogno, del progetto, del giorno che si apre con la sua carica di novità e di vita

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Che cosa fare? Si tocca quasi il disorientamento dei discepoli dopo le prime, concitate ore del mattino di Pasqua, dopo aver ricevuto dalle donne quello strano annuncio, dopo aver scoperto il sepolcro vuoto. «Io vado a pescare»: Pietro ritorna alle sue attività usuali. Ritorna a quello che aveva imparato da ragazzo, alla professione che gli aveva permesso di mantenere la sua famiglia, alle sicurezze di un lavoro conosciuto: e gli altri apostoli lo seguono, convinti che un po’ di normalità possa rischiarare la confusione e mettere ordine. La barca prende il largo: per il popolo ebraico, il mare è sempre il segno di tutte le realtà minacciose e insicure, di cui l’uomo ha paura.

È lo specchio fedele di quello che abita il cuore dei discepoli: anche noi, spesso, ci sentiamo così. I cambiamenti continui e velocissimi, i complessi meccanismi che governano i rapporti internazionali, in questi giorni le mille domande sul futuro della Chiesa agitano il nostro cuore: tornare a quello che abbiamo sempre fatto, a quello che ci rassicura e ci piace, a quello che conosciamo, però, non è una soluzione. La pesca non porta frutto, le reti rimangono vuote.

La delusione degli Apostoli, stanchi e sfiniti dopo un’intensa nottata di lavoro, è quella che percepiamo anche nelle nostre comunità: abbiamo fatto tanto e i risultati non si sono visti. Lo dicono i parroci, le catechiste, gli animatori dei gruppi giovani, gli anziani che si sono impegnati con passione per tanto tempo. Lo dicono le statistiche, lo dicono le chiese sempre più vuote, almeno in apparenza. Proprio nel momento più difficile, all’alba, gli Apostoli vedono il Signore Risorto: sono così presi dai loro problemi che nemmeno lo riconoscono. Forse ha condiviso con loro, dalla riva, tutta la notte: ma i loro occhi non lo hanno visto, perché era buio, fuori e dentro.

«Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete»: la parola e la promessa di Gesù cambiano radicalmente la situazione. Semplicemente, la rete è stata gettata dalla parte sbagliata della barca. “Che sciocchi, non ci abbiamo nemmeno pensato!”, si saranno forse detti gli Apostoli, rincuorati da una parola di cui non hanno ancora riconosciuto l’autore.

Solo a Giovanni, l’apostolo dell’amore, viene il dubbio che «è il Signore!». E Pietro, con la stessa incoscienza di quel giorno in cui aveva abbandonato tutto per seguire Gesù, si getta in mare, sfidando le paure, le onde, gli sconquassi della vita, sfidando quella realtà tanto minacciosa.

«Venite a mangiare»: l’invito straordinario di Gesù dona un nuovo significato a quello che gli Apostoli hanno appena vissuto, ad una pesca che è stata resa possibile dall’ascolto della Sua Parola e dalla fiducia, alla fatica di riconoscerlo. Persino le persecuzioni che gli Apostoli presto incontreranno – ne abbiamo sentito raccontare dalla pagina degli Atti – diventano un motivo di gioia.

Il tempo del Risorto, il tempo della Pasqua è un tempo aperto in avanti, un tempo pieno di futuro, un tempo gravido di domani: Dietrich Bonhoeffer, grande teologo protestante martire del Nazismo, scriveva che il tempo della comunità cristiana è il mattino presto, perché è il tempo del sogno, del progetto, del giorno che si apre con la sua carica di novità e di vita.

Ci viene donata, in questa Eucaristia condivisa, in questa Parola ascoltata, la certezza che «è il Signore». La certezza che è venuto a cercarci, anche se non lo abbiamo visto, anche se solo qualcuno di noi lo ha riconosciuto, anche se abbiamo timore di chiederGli se è proprio Lui. La certezza che a noi – sì, proprio a noi! – rivolge ancora la proposta, l’offerta, la richiesta umile e grandiosa di seguirLo.