Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2,16-21
Si apre l’orizzonte di un nuovo anno civile. Questo nuovo tempo che inizia non lascia indifferenti noi cristiani che ancora in questi giorni contempliamo il mistero del Natale, ispirati dalla figura di Maria Madre di Dio. Con questo titolo oggi la Liturgia la venera, mentre lei – racconta l’evangelista Luca – «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Non possiamo deresponsabilizzare il nostro sguardo, il nostro interesse, il nostro cuore, i nostri pensieri, il nostro agire dinanzi al nostro tempo. Colpisce un passaggio di uno dei più antichi documenti cristiani che si interroga su chi siano e cosa facciano i cristiani: «Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare».
Guardiamo al nuovo anno senza abbandonare questo tempo e i luoghi della storia che abitiamo.
L’apostolo Paolo, nella lettera ai Galati, ci annuncia che è già venuta «la pienezza del tempo», in quanto Dio ha mandato «suo Figlio, nato da donna».
La sua è una professione di fede intensa e sorprendente, dove è raccontato ciò che lui ha sperimentato quando da schiavo, «per grazia di Dio» è diventato figlio “nel Figlio” che Dio ha mandato, «nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge». Il Natale del Signore Gesù racconta di noi, dell’essere stati accolti da Dio come suoi figli. Giovanni all’inizio del suo Vangelo dice che da Dio siamo «stati generati». Se figli, non siamo più schiavi, ma liberi ed «eredi per grazia di Dio». In questa testimonianza di Paolo cogliamo la promessa in cui Dio ci ha desiderati, voluti, amati, ma anche – come è stato per Paolo – ritrovati quando la schiavitù ci ha imbrigliati e ammagliati. Non dimentichiamo che il Natale di Gesù è una promessa di figliolanza, carica della fedeltà d’amore di Dio. Essa riguarda tutti. Dio nel Figlio ci genera come suoi figli e figlie: è anche il nostro Natale!
Alla luce di questo annuncio di fede riconosciamo oggi l’appello particolare di questa 58ma “Giornata mondiale della Pace”, a cui papa Francesco ha dato questo tema di riflessione e di impegno: Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la pace.
Ne sentiamo l’urgenza: questo appello si colloca nel cuore della notte di Betlemme quando è nato il «Salvatore, che è Cristo Signore», come lo ha presentato l’angelo ai pastori.
Nell’invito che papa Francesco ci rivolge nel suo messaggio per questa giornata, riconosciamo l’eco accorato di tale annuncio evangelico:
«Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti che stanno flagellando l’umanità».
A questo punto Francesco elenca quelli che lui definisce «fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità».
[Si fomentano e si intrecciano, così, sfide sistemiche, distinte ma interconnesse, che affliggono il nostro pianeta. Mi riferisco, in particolare, alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare].
Ed ecco il suo appello per noi “pellegrini di speranza”, come ci ha chiamati in questo anno giubilare: «All’inizio di quest’anno, pertanto, vogliamo metterci in ascolto di questo grido dell’umanità per sentirci chiamati, tutti, insieme e personalmente, a rompere le catene dell’ingiustizia per proclamare la giustizia di Dio. Non potrà bastare qualche episodico atto di filantropia. Occorrono, invece, cambiamenti culturali e strutturali, perché avvenga anche un cambiamento duraturo».
Da quanto stiamo celebrando nel Natale noi scopriamo che «Dio, che non deve nulla a nessuno, continua a elargire senza sosta grazia e misericordia a tutti gli uomini». È un passaggio questo del messaggio di pace di Francesco.
Come Maria siamo solecitati a «custodire tutte queste cose, meditandole nel [nostro] cuore».
Ritorno sul messaggio di Francesco perché dalle sue intense e sofferte parole cogliamo la bellezza, la verità, la libertà e la responsabilità che derivano dal dono del Natale per noi:
«Il disarmo del cuore è un gesto che coinvolge tutti, dai primi agli ultimi, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveri. […] Con questi piccoli-grandi gesti, ci avviciniamo alla meta della pace e vi arriveremo più in fretta, quanto più, lungo il cammino accanto ai fratelli e sorelle ritrovati, ci scopriremo già cambiati rispetto a come eravamo partiti. Infatti, la pace non giunge solo con la fine della guerra, ma con l’inizio di un nuovo mondo, un mondo in cui ci scopriamo diversi, più uniti e più fratelli rispetto a quanto avremmo immaginato».
Ed ecco la sua preghiera che ci introduce nel dono ricevuto del nostro Natale:
«Concedici, la tua pace, Signore! […].
Rimetti a noi i nostri debiti, Signore,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e in questo circolo di perdono concedici la tua pace,
quella pace che solo Tu puoi donare
a chi si lascia disarmare il cuore,
a chi con speranza vuole rimettere i debiti ai propri fratelli,
a chi senza timore confessa di essere tuo debitore,
a chi non resta sordo al grido dei più poveri».